Un video prodotto dal quotidiano keniano The Star spiega perché due settimane fa le povere abitazioni di 30mila persone nella baraccopoli di Kibera sono state demolite con un preavviso di appena due settimane per far posto una strada a scorrimento veloce che collegherà il centro con la periferia ovest della capitale Nairobi. Per loro non è stato previsto alcun indennizzo perché non sono proprietari ufficiali dei terreni e ora sono senza un posto dove stare.
Kibera è lo slum più antico ed esteso della capitale keniana e secondo le stime ospiterebbe più di 400mila abitanti. La baraccopoli acque come piccolo insediamento nel 1912, quando il governo coloniale britannico fondò un insediamento per 600 soldati Nubiani assieme alle loro famiglie. Questi soldati facevano parte del reggimento Kings African Rifles . Il nome “Kibera” deriva dal nubiano e significa “foresta”; si trattava infatti di un’area di boschi.
Negli anni 30 l’amministrazione di Nairobi revocò temporaneamente tutti i permessi abitativi, chiedendo agli abitanti di Kibera di dare prova della loro discendenza nubiana. A coloro che provarono tale discendenza venne concesso il titolo di Tenant of the Crown, che comportava il diritto di risiedere a Kibera ma anche la possibilità di perderlo facilmente con una decisione unilaterale delle autorità. Come conseguenza di ciò a Kibera non potevano essere edificate abitazioni in mattoni o cemento. Anche per questo l’insediamento si è trasformato in uno slum dove vive la fascia sociale meno abbiente della capitale Keniana e solo il 15% degli abitanti è nubiano. Un luogo povero, emarginato, senza servizi e dalle condizioni igieniche critiche.
Amnesty International ha condannato gli sfratti di due settimane fa, ma i funzionari keniani hanno risposto che le persone che vivono nella zona erano lì illegalmente. I residenti hanno combattuto contro la costruzione della strada e hanno fatto causa alla municipalità, ma i giudici hanno dato loro torto.
Il centro di Nairobi è da anni molto trafficato. Per questo le autorità hanno avviato la costruzione di strade, ponti e cavalcavia con l’obiettivo di rendere più rapidi gli spostamenti. Ma come sta succedendo in molte altre regioni del Paese, sono i più poveri a subirne le drammatiche conseguenze.