La nascita è stata difficile, l’adolescenza dolorosa e l’età adulta complicata: la Guinea ha dovuto nei suoi sessant’anni di storia (oggi si celebra l’indipendenza) affrontare shock e sfide significativi.
La Guinea nacque da una separazione violenta con la Francia: il colonizzatore se ne andò, smantellando le strutture produttive e con la dura posizione di Charles De Gaulle che bloccò la cooperazione. Costretto a ricominciare daccapo, il presidente Ahmed Sekou Toure si rivolse ai Paesi socialisti e adottò un modello di economia centralizzata.
A metà degli anni Ottanta, con il cambio di regime, anche il credo economico cambia. Lo Stato si privatizza, si liberalizza tra gli applausi del Fmi e della Banca mondiale. Ma lo shock sperato non avviene. Il Paese si impoverisce e gli indicatori di sviluppo crollano. I piani di adeguamento strutturale riducono il numero di dipendenti pubblici e quindi il tenore di vita. Il settore minerario decolla, ma la ricchezza avvantaggia solo una minoranza.
Con l’arrivo di Alpha Conde al potere nel 2010, il clima migliora e la Guinea si rivolge a nuovi partner, come Cina, India e Turchia. Il settore minerario riprende vigore e lo Stato cerca di rilanciare l’agricoltura. Ma il Paese soffre e i risultati delle politiche economiche non sono sempre visibili agli occhi di una gioventù impaziente.