Il vecchio Congresso Nazionale libico (Gnc), riunito a Tripoli, ha designato Omar al-Hasi nuovo premier. Lo riferiscono i media arabi. Si tratta di una vera e propria ‘secessione’ dal Parlamento eletto a giugno, che si riunisce a Tobruk. Secondo i media arabi, alla riunione del Gnc, che aveva una maggioranza islamista, avrebbero preso parte “80” deputati, mentre secondo altre fonti sarebbero “34”.
Testimoni riferiscono invece di nuovi combattimenti lungo una delle arterie che portano all’aeroporto della capitale libica.
Intanto ill Parlamento libico uscito dalla elezioni ha nominato un nuovo capo di Stato maggiore, dopo aver annunciato ieri l’intenzione di dare all’esercito i mezzi per contrastare le milizie armate. Si tratta di Abdel Razak Nazuri che prende il posto di Abdulati al Obeidi. Lo riferiscono i media locali. Obeidi era stato silurato nei giorni scorsi dopo aver ammesso l’incapacità delle forze armate, “ormai al collasso”, di controllare la Libia.
Il gruppo jihadista Ansar al Sharia che controlla gran parte della città di Bengasi, nell’Est della Libia, ha invitato le altre milizie filo-islamiche del Paese, in particolare quelle dell’ovest raggruppate nella coalizione “Alba”, a unirsi alle loro file “per la sharia” e “contro la legittimità democratica”. “Unitevi ai mujaheddin di Bengasi e difendete con loro gli stessi obiettivi: il rifiuto di qualsiasi progetto occidentale”, ha proclamato Ansar al sharia – gruppo definito “terrorista” dalle aurotità libiche e dagli Stati Uniti – in un comunicato pubblicato ieri su internet. “Proclamate che la vostra lotta ha come obiettivo l’applicazione della sharia e non quello della legittimità democratica”.
Il summit dei Paesi confinanti con la Libia, svoltosi al Cairo, invita le parti in conflitto ad avviare un dialogo nazionale che porti alla fine di tutte le operazioni militari, al caos e alla violenza nel Paese. Lo afferma l’agenzia Mena. Al summit hanno partecipato Egitto, Ciad, Mali, Tunisia e Algeria, oltre al ministro degli Esteri libico. L’Egitto ha proposto un’iniziativa per rispettare l’integrità territoriale libica e non consentire interferenze esterne.
L’Algeria teme effetto domino e contagio jihad
E il caos libico, con l’avanzata delle milizie che si rifanno all’integralismo islamico, sta facendo ribollire la regione, soprattutto per il timore fondato che la jihad, se dovesse affermarsi ancora di più nel Paese che fu del laico Gheddafi, potrebbe tracimare dai confini nazionali.
La crisi, che si evolve quotidianamente sul campo, con vittorie e rovesci che mutano in continuazione la geopolitica della Libia, sta creando tensioni nei Paesi vicini che temono che i diversi movimenti estremistici armati possano saldare le rispettive strategie per giungere alla creazione non di una entità unitaria, quindi non quel califfato di cui si sogna la creazione, ma di un fronte capace di tessere alleanze contro un comune nemico. Il maggiore peso di questa situazione pare essenzialmente gravare sull’Algeria dove, dopo il decennio di sangue seguito alla effimera vittoria islamica alle politiche dei primi anni ’90, la presenza di gruppi terroristici impegna l’esercito quotidianamente, soprattutto nel Sud, dove la frontiera con la Libia è, per la natura dei luoghi, di difficile controllo, sebbene vi siano dispiegati uomini e mezzi (anche aerei) ingenti.
In un Paese che riafferma con ferocia la propria laicità, pur dicendosi musulmano, l’appeal che la jihad esercita sui giovani, soprattutto su quelli che appartengono ai ceti più disagiati, non lascia tranquillo il governo di Algeri, cui, come peraltro ribadito dallo stesso presidente Abdelaziz Bouteflika, anche la ‘primavera araba’ puzza di pericolo latente per l’ordine costituito.
Pur dicendosi ‘terza’ in quanto accade nella vicina Libia, l’Algeria sembra essere invece terribilmente interessata, perché tutto può permettersi (mentre l’emiro di Aqmi, Droukdel, non perde occasione per ricordare la sanguinaria esistenza della ‘filiale’ maghrebina di al Qaida), ma non avere il nemico sull’uscio di casa. E’ anche per questo che il dispositivo di sicurezza (polizia, gendarmeria, ma anche forze armate) riceve cospicui finanziamenti, che si traducono in una quotidiana dimostrazione di forza. D’altra parte l’Algeria, per la sua posizione geografica (il suo sud è confinante col ribollente nord del Mali, dove ancora opera il contingente francese dell’operazione Serval), insieme alla potenza militare ancorché economica, è stata quasi obbligata ad assumere un ruolo-guida tra i Paesi dell’area, a questo spinta da chi (come Stati Uniti e Francia) non perde occasione per sottolinearne l’importanza in tutto il nord Africa. * Diego Minuti – (ANSAmed).