Dunque era una bufala la storia dei bambolotti neri banditi negli asili di Codròipo, comune di poco più di 16mila anime in provincia di Udine, fino alla settimana scorsa sconosciuto alla maggioranza degli italiani. Lo sospettavamo (abbiamo imparato ormai a diffidare di tutte le notizie gridate e incredibili che si propagano a macchia d’olio a partire da un’unica fonte) e ne siamo lieti. In mezzo però alle tante parole inutili riversate sul web in questi giorni, la vicenda-che-non-è-accaduta ha ispirato anche serie e condivisibili considerazioni. Come quelle di Patrice Makabu, nato e cresciuto in Italia ma di origine anche africana, uno di quei giovani che, di fronte all’assenza di espressioni adeguate, continuano a essere definiti “seconda generazione” (seconda di cosa? verrebbe da chiedersi, ma questa è un’altra storia e soprattutto un altro articolo).
Patrice è un educatore e un filmaker. Ha realizzato un corto molto emozionante che evidenzia e denuncia il ruolo che i nuovi media (blog, whattsapp…) possono giocare nella diffusione dei disturbi del comportamento alimentare e ha successivamente rivolto la sua videocamera sulle conseguenze nefaste della febbre da gioco. E’ un giovane attento, con gli occhi puntati sul mondo e capace di rapportarsi a 360° alla realtà che lo circonda. Queste sono le sue riflessioni.
«Questa volta non parlo da artista o da giornalista, ma da educatore quale sono, una delle tante strade che si incontrano e si uniscono nel mio percorso. Ripescando tra i ricordi di tanti anni fa, durante un periodo di tirocinio alla fine del mio percorso universitario, ecco cosa accadde… Filippo, allora #bambino e che oggi ha circa vent’anni, si rifiutava di giocare con una compagna di classe perchè “non era come gli altri”. Una compagna di classe affetta da sindrome di Down.
Dopo aver notato le difficoltà di Filippo nel rapportarsi ad Angela (con gli altri bambini non c’erano problemi), mi avvicinai mentre era intento a giocare e gli “confidai” di aver notato – senza domandargli nulla poiché non volevo metterlo sulla difensiva – che nessun bambino era uguale ad un altro: per via dei capelli, per la forma del viso, per gli occhi, per l’altezza, per il carattere, per il colore della pelle e che esistevano bambini con tante altre particolarità diverse dalle sue. Come Angela appunto, diversa come diversi erano tutti i bambini tra loro. Dopo pochi minuti di riflessione Filippo ed Angela iniziarono un nuovo gioco, insieme a tutti gli altri. Da quel giorno gli sguardi di timorosa curiosità di Filippo verso Angela – che prima evitava costantemente – lasciarono spazio alla condivisione. Mi sono sempre chiesto come mai nessuno si fosse accorto delle difficoltà di Filippo: forse per il carattere diffidente, forse per paura, forse perchè nessuno gli aveva consegnato sino a quel momento una giusta chiave di lettura. Fortunatamente sono stato un attento osservatore, ero lì per quello, osservare i comportamenti di docenti ed allievi…
L’educazione è un elemento dirimente nella vita di un bambino, che è l’unico ed onesto rappresentante della futura generazione adulta. Chi è delegato ad educare non occupa soltanto un posto di lavoro, ma è promotore di un investimento sul futuro, che va ben programmato nell’ottica del cambiamento, dell’integrazione, del rispetto per gli altri e dell’educazione civica – che non comprende solo il disfarsi di una bottiglia vuota buttandola nel bidone blu piuttosto che in quello giallo. Un maestro che oggi si preoccupasse di vietare le #bambole “colorate” non farebbe che trasportare la differenza di colori dai bidoni della spazzatura alla vita, e questo sarebbe un fatto molto grave.
Esistono professioni non alla portata di tutti, la scuola, di qualunque ordine e grado deve contribuire attivamente a promuovere cambiamenti positivi, integrazione e convivialità, e mai aggiungere disvalori e limitazioni tramandati da persone che hanno evidentemente difficoltà a rapportarsi in maniera producente e costruttiva alla collettività. Nella speranza che questo episodio e le discussioni che ha provocato possano rafforzare comunque il senso di responsabilità verso il domani. Perchè le menti aperte di oggi saranno i pilastri del divenire».
(Patrice Makabu)
Le bambole che illustrano questo articolo sono delle “Naïma Dolls“, bambole realizzate in Costa d’Avorio con l’intenzione di promuovere la bellezza delle culture africane e fornire nuovi strumenti pedagogici.