Centrafrica – «Troppi interessi alimentano la guerra»

di Enrico Casale
Miliziano centrafricano

«Il Centrafrica sembra ormai essersi ingarbugliato in un inestricabile groviglio d’ingerenze straniere, inadempienze della comunità internazionale e incapacità del governo locale» scrive all’Agenzia Fides p. Federico Trinchero, missionario carmelitano che opera nel Carmelo di Bangui. «L’elemento confessionale non fa che rendere il cocktail ancora più micidiale» sottolinea il missionario, ricordando la strage del 15 novembre ad Alindao, in un campo di sfollati situato nei pressi della Cattedrale. «La strage è avvenuta davanti all’inerzia del contingente dell’Onu che avrebbe, di per sé, il mandato di proteggere i civili» denuncia p. Federico. «Tra le vittime, oltre a donne, bambini e persone anziane, anche due sacerdoti: l’abbé Célestin e l’abbé Blaise. Il coraggio del giovane Vescovo di Alindao, Sua Ecc. Mons.Cyr-Nestor Yapaupa, ha impedito che il bilancio sia ancora più pesante. Invece di accogliere la gente, che avrebbe voluto trovare rifugio all’interno della Cattedrale, ha ordinato a tutti di fuggire nella savana. Se i cristiani non gli avessero obbedito, il numero dei morti sarebbe stato ancora più alto. Il Vescovo, comunque, e alcuni sacerdoti hanno deciso di restare», sottolinea p. Federico.

«Alcuni giorni dopo gli avvenimenti, partecipiamo a un incontro di sacerdoti a Bangui. È presente l’abbé Donald, appena arrivato da Alindao. Originario di Bangui, sacerdote da poco più di un mese, aveva trascorso al Carmel i giorni di preparazione all’ordinazione, ascoltando con attenzione le conferenze del sottoscritto – scrive il missionario -. Da qualche settimana Donald era stato inviato in aiuto alla diocesi di Alindao. Donald non ha ancora avuto il tempo d’imparare a fare il prete; ma ne ha già visti due morire, davanti ai suoi occhi, uccisi per il vestito che indossavano e il mestiere che esercitavano».

«Gli studenti che ho davanti non sono allievi qualunque. Sono i futuri sacerdoti del Centrafrica – rimarca p. Federico -. Hanno visto la guerra e ora sono nel Seminario di Bangui perché vogliono fare lo stesso mestiere di Célestin e Blaise. Poi ripartiranno, sacerdoti, nelle diocesi da cui sono venuti. Chiedo loro se hanno ancora voglia di continuare il cammino intrapreso e se sono consapevoli della missione ad alto rischio che li attende. Odilon, dall’alto dei suoi vent’anni, risponde per tutti: “Ho paura, mon père. Ho tanta paura. Ma non cambio idea. Voglio ancora diventare prete. Vorrei dire a Donald che ho paura anch’io. Ma nessuna voglia di cambiare mestiere».

«Questo 2018, ormai alla fine e dove ben cinque sacerdoti e decine di cristiani sono stati uccisi durante le celebrazioni o nei pressi delle loro chiese, ci consegna una Chiesa sicuramente ancora giovane e fragile, ma che non scappa davanti al nemico e i cui pastori non sono mercenari», conclude p. Federico.

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