La Chiesa cattolica ha beatificato l’8 dicembre diciannove religiosi uccisi dai terroristi negli anni Novanta. Tra loro ci sono i quattro missionari Padri Bianchi trucidati a Tizi Ouzou
Sul colle che domina la città di Orano è tornata a splendere la cappella-basilica di Notre-Dame de Santa Cruz, benedetta qualche mese fa al termine di restauri durati anni. L’edificio, eretto nel 1850 in omaggio alla Madonna dopo un’epidemia di colera, è stato riaperto ai fedeli in tempo per la beatificazione dell’8 dicembre di Pierre Claverie – che di questa diocesi fu vescovo —, l’ultimo a essere ucciso di una serie di diciannove religiosi cattolici (tra cui sei suore e i sette monaci trappisti di Tibhirine) tra il 1994 e il 1996.
Strage ignota
Tra le vittime dei terroristi ci sono i quattro Padri Bianchi di Tizi Ouzou. Una fine, la loro, poco conosciuta. All’epoca dei fatti, in Algeria infuriava la “guerra civile” (sarebbe terminata nel 2002 causando la morte di 150.00 persone, tra cui 99 imam). Il Gruppo islamico armato (Gia) aveva intimato agli stranieri di abbandonare il Paese. E allo scaderle dell’ultimatum, aveva trucidato dodici operai croati. La gran parte degli uomini della Chiesa aveva deciso di restare. La vigilia di Natale del 1994, un dirottamento aereo tra Algeri e Marsiglia si concluse, il 26 dicembre, con l’uccisione di quattro uomini del Gia nel corso di un blitz delle forze speciali francesi nell’Airbus. Giornali e tv si concentrarono sul salvataggio dei 220 passeggeri. E trascurarono quel che avvenne l’indomani in Cabilia, a est di Algeri. Nella città di Tizi Ouzou, roccaforte della cultura berbera, operava una comunità di Padri Bianchi. Due, Alain Dieulangard e Jean Chevillard, erano ultrasettagenuari; Christian Chessel avevano 36 anni. Tutti erano francesi. Era appena arrivato da Algeri un confratello belga, Charles Deckers, venuto a spegnere con loro le sue 70 calendine, quando fece irruzione un commando del Gia. A colpi di kalashnikov non risparmiò nessuno di loro.
Riconciliazione
La comunità dei Padri Bianchi non ha chiuso per sempre i battenti. Oggi tre religiosi africani sono impegnati a portare avanti la stessa missione di incontro, di amicizia, soprattutto presso i giovani. Anche qui è stata aperta una biblioteca dove si può offrire un aiuto agli studenti e avere un luogo per mantenersi in contatto con loro.
Coincidenza vuole che la beatificazione dei 19 martiri, per la quale è probabile la presenza di papa Francesco, cada nell’anno del 150° della Società dei Missionari d’Africa, fondata proprio ad Algeri dall’allora arcivescovo Charles Lavigerie, che volle come loro abito religioso il costume locale, gandura e burnus. Una beatificazione che non vuole avere enfasi eroiche o di altro tipo, che non sarebbero proprio in carattere con lo stile di questa Chiesa. Come ha detto il vescovo di Orano, Jean-Paul Vesco, a un organo di stampa locale, «per noi è importante affermare che questi cristiani sono stati uccisi con molti altri musulmani, più che da alcuni musulmani».
(Pier Maria Mazzola)