Ghana: non siamo la vostra pattumiera

di AFRICA

Agbogbloshie, una delle più enormi discariche al mondo di rifiuti elettrici ed elettronici, è un inferno per chi ci lavora e ci vive accanto. Ma questa situazione infraumana ha contribuito a far prendere al governo di Accra decisioni lungimiranti in fatto di energia

Agbogbloshie è il nome di una discarica nella periferia di Accra. Una discarica prevalentemente di rifiuti elettronici. Qualcuno dice la più grande al mondo. Forse no, sicuramente impressionante. Agbogbloshie, come tutte le discariche, si porta dietro contraddizioni, dolore e opportunità, oltre che uno slumabitato da centomila persone. Probabilmente di più.

La discarica prende forma negli anni Novanta a seguito del ricollocamento in quest’area periferica della capitale del Ghana, ai tempi una foresta attraversata da un corso d’acqua, dei rifugiati di un conflitto etnico nel nord del Paese. I nuovi insediati intravedono nello smantellamento e nel riciclo dei rifiuti elettrici ed elettronici un’opportunità di reddito. Da allora, e sempre di più, televisori, frigoriferi, ventilatori, tostapane, stampanti, forni, computer e quanto altro contenga metalli riciclabili viene raccolto nella città e nei porti del Paese, portato in discarica da grandi camion come da sparuti carretti, sminuzzato in infinite particelle, e riorganizzato secondo una nuova logica. Qui i pezzi di rame, là lo zinco e l’alluminio, laggiù il ferro e lo stagno. Alcuni metalli si possono fondere in loco per produrre lingotti, usando come combustibile plastiche e imballaggi, isolanti e copertoni, altri vengono ricaricati sui camion diretti al porto di Tema per essere processati o imbarcati come metallo di recupero.

Rottamatori e bruciatori

Una tonnellata di rame viene venduta a 500 euro, 350 per l’alluminio, 250 per il ferro e 200 per lo zinco. Il lavoro è in parte organizzato dall’associazione dei rottamatori, in parte gestito dai chiefs delle diverse zone della discarica (Kilimanjaro, Gaza, Mumbai…), per lo più differenziate in base ai materiali che vengono conferiti e dal metodo di rottamazione, estrazione e processo. Il tutto, a mani nude e senza supporto tecnologico. L’associazione stima che qui lavorino circa 3000 persone. Un rottamatore può raccogliere l’equivalente di 4 euro al giorno. Un bruciatore, anche 5. Più del doppio del salario nelle zone rurali del nord del Paese, da dove proviene gran parte della popolazione dello slum.

Negli anni il quartiere si popola e le attività si intensificano, con l’incremento dei rifiuti elettronici in circolo e che vengono scaricati nei porti. Le parti non recuperabili si accumulano in una discarica a cielo aperto, cui si sommano i rifiuti indifferenziati della città. Agbogbloshie è un formicolare di attività, innumerevoli tecnici e artigiani recuperano apparecchi e materiali, se ancora funzionanti, ne assemblano i pezzi in nuovi prodotti, li riversano nella discarica dove i rottamatori ne estraggono fino all’ultimo centesimo possibile di valore. I bruciatori completano l’opera. Chiunque nella discarica conosce nel dettaglio marche e modelli delle apparecchiature elettroniche: tanti grammi di rame, tanti grammi di ferro. Contestualmente, gas, rifiuti, metalli, liquami si accumulano. Agbogbloshie non è il paradiso del riciclo e del riuso bensì l’inferno di una vita tra rifiuti e fumi tossici.

Raee randagi

Negli stessi anni in cui lo slum si affollava, la comunità internazionale metteva a punto la Convenzione di Basilea per regolamentare il trasporto di rifiuti pericolosi tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo. La Convenzione arriva l’anno successivo alla scoperta della discarica di rifiuti tossici provenienti dall’Italia a Koko, in Nigeria (1988), e viene ratificata da 185 Paesi con l’eccezione dagli Stati Uniti.

Gli apparecchi elettronici, tuttavia, che pur contengono materiali anche altamente tossici, rappresentano un problema per la classificazione. Come definire la vita residua di un apparecchio? È difficile distinguere tra riuso e quindi esportazione per vendita di seconda mano, e rifiuto. Nel 2002 la Convenzione ha iniziato ad occuparsi di rifiuti elettronici (in Italia adesso li designiamo con la sigla Raee), il cui peso negli anni è incrementato esponenzialmente, ma una regolamentazione precisa non è ancora stata definita. Computer, frigoriferi, telefonini, stampanti, climatizzatori continuano a girare per il mondo, eludendo in un modo o nell’altro le regolamentazioni dei diversi Paesi.

Lotta agli sprechi

Una delle storie più interessanti e di successo per bloccare il traffico di rifiuti elettronici viene proprio dal Ghana, dalla sua legislazione energetica. Non a caso la legge del 2009 che proibisce, per motivi legati all’efficienza energetica, l’importazione di frigoriferi usati apre, nelle sue motivazioni, con la frase «per evitare che il Ghana diventi una discarica di frigoriferi obsoleti e in disuso».

L’import di apparecchi elettronici di seconda mano, infatti, non rappresenta solo un problema per lo smaltimento dei rifiuti, ma pone dei problemi per i mercati elettrici nel Sud del mondo. Il Ghana è tra i Paesi africani con l’infrastruttura energetica più sviluppata. L’impianto idroelettrico di Akosombo, sul Lago Volta, dagli anni Sessanta ha permesso un approvvigionamento elettrico a buon mercato per il Paese. Oggi è raggiunto dalla “corrente” l’84% della popolazione. Con il crescere dei consumi, la diga non basta più e da qualche anno l’efficienza energetica è diventata una priorità nazionale. In un Paese come questo è spesso necessario garantire un basso prezzo dell’elettricità, considerata la limitata disponibilità economica di ampie fasce della popolazione. Gli sprechi energetici hanno perciò un costo sociale, oltre che ambientale, altissimo. Frigoriferi usati e impianti di condizionamento obsoleti aumentano la bolletta energetica e contribuiscono a sovraccaricare le reti causando continui black-out.

Il frigo? Meglio nuovo

Nel 2005 la National Energy Commission ha iniziato a studiare le misure per migliorare l’efficienza energetica, a partire dal settore domestico, responsabile del 42% dei consumi finali. Da una ricerca è emerso come il consumo medio di un frigo in Ghana fosse di 1200 kWh l’anno (il consumo generale di elettricità di una famiglia in Italia è sui 2700 kWh annui), il triplo che in un Paese sviluppato. Il 70% del mercato dei frigoriferi era di seconda mano. Nel 2009 il Ghana ha introdotto l’etichettatura energetica obbligatoria per i frigoriferi importati come misura per migliorare l’efficienza. Contestualmente ha introdotto il divieto di importazioni di frigo usati.

Non è stato facile, i risultati sono arrivati solo negli ultimi anni. Da un lato le grandi marche hanno osteggiato l’introduzione dell’etichettatura, vedendosi costrette ad adeguarsi alla normativa fornendo frigoriferi adatti alla classe climatica tropicale. E oggi il Ghana non può più essere considerato un mercato di sbocco dei prodotti invenduti nei Paesi del nord. Dall’altro, il divieto di importazione ha determinato un impatto sull’indotto del commercio dell’usato, incluse le attività di Agbogbloshie. Ancora nel 2012 entravano nei porti del Paese più di 400.000 frigoriferi usati l’anno.

Oggi le importazioni sono quasi completamente bloccate, anche se non mancano tentativi di aggirare la norma. Le confische nei porti (circa 30.000 unità all’anno) riguardano prevalentemente apparecchi provenienti dall’Europa. Oggi il 90% del mercato è di frigoriferi nuovi. Il risparmio è calcolato in circa cento euro annui a famiglia. I problemi ora sono altri, per esempio la contraffazione delle etichette. Ma la Energy Commissionha sviluppato un’app che permette di verificare ogni singolo apparecchio in fase di acquisto.

Intanto, ad Agbogbloshie…

Tornando nello slum di Agbogbloshie, nelle minuscole abitazioni che a stento arrivano a 8 metri quadri l’energia elettrica non manca, e sicuramente a non mancare sono innumerevoli apparecchi elettronici, spesso usati come componenti strutturali delle abitazioni. Nelle case l’elettricità arriva con dubbie connessioni e pagamenti a oscuri intermediari. Un chief, attorniato da stereo fumanti, ci racconta di avere tre connessioni, che paga 2 euro ciascuna. In questo modo ha più possibilità di godere di un servizio continuo. Il direttore della Energy Commission ci racconta le difficoltà ma anche i successi della sua sfida. Ora c’è in progetto l’estensione dello schema collaudato con i frigoriferi ai condizionatori. Certo che, siccome gli apparecchi arrivano da altrove, forse sarebbe più facile risolvere il problema a monte.

Testo di Matteo Leonardi. Le fotografie pubblicate in queste pagine sono state realizzate in Tanzania e Kenya nell’ambito di Wame (World Access to Modern Energy), un progetto della Fondazione AEM – gruppo A2A, con il supporto della Fondazione Cariplo.

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