Sotto l’egida dell’Unione Africana, si aprono oggi, 24 gennaio, a Khartoum, in Sudan, i colloqui tra i gruppi armati e il governo della Repubblica centrafricana. Ci sono voluti più di un anno e mezzo di trattative per riuscire ad avere le diverse parti attorno al tavolo. Un grande passo avanti, ma le difficoltà da superare rimangono numerose.
Lo scopo dell’incontro è ottenere un accordo di pace che preveda processi di implementazione e fasi di monitoraggio. Mentre alcuni partecipanti hanno dimostrato le loro buone intenzioni e sono già impegnati in programmi di disarmo, altri sono più diffidenti. La partecipazione di Nourredine Adam della Fprc e Ali Darass dell’Upc non è stata confermata mercoledì sera. Il clima di sospetto grava ancora sulla sessione.
In ogni caso, la Commissione per la pace e la sicurezza dell’Unione africana ha espresso ottimismo per la presenza di tutte le parti in causa: il governo e i 14 gruppi armati interessati.
Il margine di manovra per le negoziazioni è però limitato. Oggi i gruppi armati sono in una posizione di forza: controllano quasi l’80% del territorio e sono ben armati. Un recente rapporto di «The Sentry» ha rivelato che i ribelli continuano ad accumulare ricchezze e, per questo motivo, non avrebbero alcun interesse a negoziare.
Infine, tra le centinaia di richieste dei gruppi armati, la più importante riguarda l’amnistia o l’autonomia delle regioni della Repubblica Centrafricana. Condizioni difficili da accettare senza calpestare le conclusioni delle consultazioni popolari del Forum Bangui del 2015.