Il 27 gennaio si celebra la 66a Giornata mondiale per i malati di lebbra. Questa malattia, causata dal batterio Mycobacterium Leprae, è contagiosa e può provocare anche disabilità permanenti se non trattata adeguatamente. Nonostante dal 1981 sia curabile, è ancora molto diffusa in Asia, America Latina e Africa.
La lebbra, nota anche come morbo di Hansen, è una malattia infettiva cronica causata dal Mycobacterium Leprae, che colpisce principalmente la pelle, i nervi periferici, le superfici delle mucose del tratto respiratorio superiore e gli occhi. Questa patologia può essere contratta a qualsiasi età, ma è curabile e il suo trattamento ad uno stadio precoce riduce la maggior parte dei rischi di avere delle disabilità permanenti. L’esatto meccanismo di trasmissione della lebbra, scrive l’Oms, non è ancora noto. Inizialmente l’ipotesi era che fosse trasmessa per contatto diretto, ma più di recente si è fatta strada anche la teoria della contaminazione per via respiratoria. Non si può escludere completamente, infine, la trasmissione attraverso gli insetti.
Secondo l’Oms, nel mondo tre milioni di persone presentano disabilità gravi a causa della lebbra. Stando al Weekly Epidemiological Record pubblicato dall’Oms il 31 agosto 2018, nel 2017 sono stati diagnosticati 210.671 casi di lebbra rispetto ai 217.968 del 2016. La distribuzione della malattia vede l’India al primo posto con 126.164 casi, seguita dal Brasile (26.875) e dall’Indonesia (15.910). La somma dei casi di questi tre Paesi corrisponde all’80,2% del totale mondiale. Altri paesi con un numero significativo di persone colpite, superiore ai mille casi sono: Bangladesh, Rd Congo, Etiopia, Filippine, Madagascar, Myanmar, Mozambico, Nepal, Nigeria, Sri Lanka, Tanzania. In Italia, invece, ogni anno, sono diagnosticate da 6 a 9 persone con la malattia (8 nel 2017). Si tratta di italiani che hanno soggiornato in Paesi con lebbra endemica oppure persone nate in altri Paesi e trasferitesi sul territorio nazionale.
Oltre ai costi sanitari, «le disabilità tendono a perpetuare il preconcetto e lo stigma e molte persone, dopo il trattamento, permangono isolate, segregate, senza lavoro e senza possibilità di reinserimento sociale».