Strage di migranti tra lo Yemen e il Corno d’Africa. Due barconi sono naufragati e i corpi ritrovati senza vita sono trenta fino a questo momento. Pudicamente, dunque, si parla di trenta morti. Ma i barconi, come detto, erano due e le testimonianze dei superstiti parlano di uno dei due barconi carico di almeno 130 migranti. Poi c’era quell’altro con a bordo, presumibilmente, lo stesso numero di persone. I conti sono semplici…e drammatici.
Non è solo il Mar Mediterraneo ad essere un cimitero, lo scenario di una continua strage. Quei soli quaranta chilometri dello stretto di Bab El Mandeb che separa l’Africa dall’Asia sono il teatro di una continua strage.
Se si dovesse fare la classifica dei posti più terribili del mondo lo stretto di Bab El Mandeb si conquisterebbe sicuramente i primi posti.
Da una parte la macroregione del Corno d’Africa e quel collettore di fuggiaschi dalle guerre, in primo luogo dalla Somalia, o dalla dimenticata Eritrea ma anche dalle remote regioni dell’Etiopia, che è il piccolo stato di Gibuti. Dall’altra la penisola arabica che ospita – si fa per dire – una delle peggiori guerre dei nostri tempi, quella dello Yemen. Chi fugge da questa guerra via terra non può che andare che in Arabia Saudita, che però è la potenza che in Yemen fa la guerra, il più grande acquirenti di armi del mondo che bombarda un paese povero e diviso come lo Yemen da dove si può solo fuggire.
Ma dove? In quell’altro inferno che è il Corno d’Africa dove c’è l’eterna guerra della Somalia e quella prigione a cielo aperto che è l’Eritrea. Da dove, a loro volta, migliaia di migranti ogni anno scappano.
Un rapporto dell’Organizzazione Internazionale dei Migranti dice che nel 2016 gli arrivi in Yemen, al netto dei morti che saranno tantissimi, ovviamente, sono stati circa 150mila.
Da non crederci: in questo nostro pianeta c’è gente che scappa dalla guerra di Somalia o dall’Eritrea per arrivare in un altra guerra, quella dello Yemen, non meno sanguinaria. La meta per questi fuggiaschi è l’Arabia Saudita dove gli africani trovano lavoro, quasi sempre da schiavi.
I naufraghi della strage di ieri sono probabilmente africani che avevano come miraggio un lavoro – da schiavi – in Arabia Saudita.
Un miraggio, una speranza che vale un rischio enorme. Come fuggire da un inferno ad un altro. Eppure in questo nostro pianeta accade anche l’incredibile.
Crocevia di queste rotte della disperazione è Gibuti, uno stato surreale, pieno di militari di tutto il mondo, dove non si produce nulla e la ricchezza è il prodotto delle guerre e di commerci di tutti i tipi.
Gibuti è diventata un’importante rotta migratoria e migliaia di migranti irregolari lo usano come paese di destinazione e transito nel loro viaggio verso la penisola arabica. Del resto non è una novità: il traffico di essere umani produce Pil…e morti annegati. Come quelli di quest’ultimo naufragio.