Sudafrica: concluso il processo elettorale

di Raffaele Masto
Sudafrica: concluso il processo elettorale

In Sudafrica è andato in scena l’ultimo atto delle elezioni dell’otto maggio scorso. A due settimane da quella consultazione che ha confermato l’egemonia, seppur ridimensionata, del’African National Congress (Anc), il parlamento del Sudafrica ha eletto Cyril Ramaphosa nuovo presidente della Repubblica. Lo scrutinio ha in realta’ ufficializzato cio’ che era scontato, dal momento che la Costituzione sudafricana prevede che il capo dello Stato sia espressione del partito di maggioranza, vale a dire l’Anc.

A differenza di quanto avviene in altre ex colonie britanniche che hanno adottato un sistema di governo parlamentare, il presidente del Sudafrica ricopre contemporaneamente sia i poteri di capo dello Stato sia quelli di capo del governo, oltre che di comandante in capo delle forze armate. Contrariamente ai sistemi presidenziali classici l’elezione del presidente in Sudafrica avviene in parlamento e non per via popolare.

Alle elezioni dell’8 maggio l’Anc ha conquistato il 57,5 per cento dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi (230), facendo registrare però il suo peggior risultato dalla fine dell’apartheid, perdendone ben 19 rispetto alle elezioni del 2014. Al secondo posto si e’ classificata l’Alleanza democratica, che si e’ confermata il secondo partito del paese con il 20,8 per cento (84 seggi, cinque in meno rispetto al 2014), seguita dai Combattenti per la liberta’ economica (Eff) che hanno ottenuto il 10,8 per cento (44 seggi, ben 19 in piu’ delle precedenti elezioni).

Se, da un lato, il risultato ottenuto dall’Anc e’ sufficiente ad assicurare un mandato per i prossimi cinque anni al presidente Ramaphosa, dall’altro la percentuale non consente al capo dello Stato di dormire sonni tranquilli, soprattutto a causa delle lacerazioni interne che attraversano il partito, gia’ scosso dagli scandali che hanno segnato la presidenza di Jacob Zuma.

Benche’ abbia promesso di introdurre importanti riforme economiche e di rafforzare la lotta alla corruzione, diversi analisti e addetti ai lavori hanno molti dubbi che riuscirà a farlo realmente vista la sua tenue presa sugli organi decisionali del partito, dove i conflitti intestini fra ex compagni di lotta contro il regime dell’apartheid si moltiplicano di giorno in giorno.

La principale sfida per Ramaphosa sara’ quindi rappresentata dall’opposizione interna al partito, composta da molti esponenti intransigenti che si oppongono all’agenda riformista del capo dello Stato. Finora il presidente è stato costretto a scendere a compromessi in settori politici chiave come la riforma agraria e il salvataggio della compagnia statale di distribuzione dell’energia elettrica Eskom, a rischio fallimento.

In questo modo il successore di Zuma ha finito per non soddisfare ne’ le istanze della sinistra radicale, fautrice di una riforma radicale, ne’ gli esponenti della classe imprenditrice, preoccupati per i possibili effetti negativi sull’economia del paese.

Inoltre Ramaphosa ha di fronte un compito immane in vari settori: deve assolutamente migliorare le condizioni di vita e di lavoro della popolazione nera che, dalla fine dell’apartheid, non ha visto grandi progressi. Deve rendere il paese più sicuro, oggi è tra i più violenti del continente. Deve aumentare l’accesso alla sanità, soprattutto della popolazione nera che, per esempio, detiene il record di sieropositività da Aids, di tutta l’Africa.

Deve dare un significativo impulso economico al paese che oggi cresce di un misero 1,2%. Deve bloccare l’ondata di scandali economici e di corruzione che investe in gran parte il suo partito. Deve essere un presidente migliore di Tabo Mbeki e Yacob Zuma che certamente non sono stati deludenti. Auguri presidente!

(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)

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