Giovedì scorso è entrato ufficialmente in vigore l’accordo che istituisce l’Area di libero scambio continentale africana (AfCFTA), il progetto di mercato unico promosso dall’Unione Africana che mira ad unire i 55 Paesi membri (i 54 Stati africani più l’autoproclamata Repubblica democratica araba sahrawi) eliminando progressivamente, di qui al 2022, i dazi doganali ed altre barriere tariffarie interne.
L’entrata in vigore dell’accordo, sottoscritto il 21 marzo 2018 a Kigali da 44 Paesi, è stata possibile grazie alla ratifica da parte del Parlamento del Gambia, avvenuta il 3 aprile scorso, consentendo così di raggiungere la soglia minima richiesta di 22 ratifiche, vale a dire la metà dei firmatari. Si tratta di un accordo storico, che istituisce la più grande zona di libero scambio dalla creazione dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) e che coinvolgerà 1,2 miliardi di persone in tutto il continente, per un Prodotto interno lordo (Pil) stimato a 2.500 miliardi di dollari.
L’obiettivo del progetto è evidentemente promuovere il commercio interno al continente, che ad oggi rappresenta solo il 17% delle esportazioni dei Paesi africani. L’organismo panafricano promotore dell’accordo spera di incrementarlo del 60% entro il 2022.
L’intesa, come ricorda Agenzia Nova, prevede la graduale abolizione delle barriere tariffarie e non tariffarie su beni e servizi e, in particolare, l’eliminazione totale dei dazi (che attualmente si attestano intorno al 6%) sul 90% delle merci, in un periodo compreso tra i 5 e i 10 anni dalla sua entrata in vigore. L’accordo ambisce inoltre a promuovere la libera circolazione delle persone legate al mondo degli affari e quella dei capitali, con l’obiettivo di potenziare il commercio interregionale, di promuovere gli investimenti e la creazione di posti di lavoro, contribuendo a trasformare il panorama economico dell’Africa, generando valore aggiunto e favorendo la crescita del continente. Dopo il vertice di Kigali del marzo 2018, cinque Paesi – fra i quali il Sudafrica, seconda economia del continente – hanno aderito al’AfCFTA in occasione del successivo vertice, tenuto a Nouackchott, in Mauritania, l’1 e 2 luglio 2018, portando così a 49 il numero delle adesioni complessive.
L’Etiopia, che si è unita al progetto il 4 febbraio di quest’anno, ha definito l’AfCFTA «uno strumento essenziale per l’integrazione africana e per lo sviluppo economico del continente», da promuovere tanto con il commercio intra-africano quanto tramite lo sviluppo degli scambi nella regione del Corno d’Africa.
Allo stato attuale, come riporta africanews, gli unici tre Stati che non hanno firmato sono la Nigeria, il Benin e l’Eritrea. Il caso della Nigeria, prima economia continentale, ha suscitato diverse perplessità fra gli altri Paesi africani. Sembra chiaro che ci siano ragioni legate a vantaggi economici che la Nigeria non vuole perdere, non a caso le autorità di Abuja hanno annunciato che devono prima procedere a consultazioni con i propri stakeholder interni. Per Benin ed Eritrea non c’è stato ancora alcun annuncio, ma l’adesione dell’Etiopia potrà forse agire da traino nei confronti di Asmara, vista la riapertura delle relazioni diplomatiche fra i due Paesi.
Il prossimo, decisivo, passo sarà il lancio della “fase operativa”, che prenderà il via durante il vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ua in programma in Niger il prossimo 7 luglio. Da qui inizierà il periodo transitorio in cui i singoli governi dovranno costruire i protocolli e le regole necessarie al funzionamento effettivo dell’area di libero scambio, ad oggi esistente solo sulla carta.