Dopo otto mesi dal quel 20 novembre 2018 nel quale Silvia Romano è stata rapita da una banda di criminali comuni nel villaggio di Chakama a 80 chilometri da Malindi in Kenya, le indagini per riportare a casa la giovane italiana, sembrano avere preso un nuovo slancio. Questa sarebbe la conseguenza del vertice tra autorità italiane e keniane avvento a meta luglio a Roma.
Dopo otto mesi, dunque, la speranza di riportare a casa la giovane volontaria italiana non è svanita. Le indagini proseguono. Le autorità keniane, ma soprattutto quelle italiane, continuano ad indagare e ci sono ipotesi investigative, quali siano non è dato saperlo e il silenzio, in questo caso, è comprensibile per non comprometterle.
Le ultime notizie, secondo quanto emerso durante un vertice tra le autorità italiane e quelle keniane avvenuto a Roma lo scorso 15 luglio, parlavano del fatto che Silvia Romano fosse viva il giorno di Natale. Una certezza. L’altro punto fermo è che dopo quella data, probabilmente intorno alla metà di gennaio, la giovane italiana sia passata di mano e che il nuovo gruppo di sequestratori, probabilmente, sia noto agli inquirenti.
Un fatto questo che può aprire diverse ipotesi. E cioè che sia passata a un’altra banda di criminali, ma ben più organizzati, capaci di gestire l’ostaggio e una trattativa per la sua liberazione. L’altra ipotesi è che sia passata nelle mani dei terroristi somali di Al Shabaab, anche se la polizia del Kenya ha sempre assicurato che i confini con la Somalia fossero sigillati. Durante il vertice di metà luglio, però, nulla è trapelato sulla banda che oggi ha nelle mani Silvia Romano. C’è però un fatto rilevante, e cioè che proseguono le indagini, le attività di intelligence fervono. Questo significa che le autorità italiane, i carabinieri dei Ros e i servizi segreti italiani, in concerto con le autorità del Kenya, non solo indagano ma anche con una direzione, probabilmente precisa.
A confermare, secondo quanto emerso dal vertice di metà luglio, l’esistenza in vita della ragazza almeno fino a Natale sono stati due cittadini keniani, criminali comuni, arrestati il 26 dicembre del 2018 perché ritenuti tra gli esecutori materiali del sequestro. La ragazza, secondo quanto riferito dai due che saranno processati a Nairobi il 29 e 30 luglio prossimi, è stata poi ceduta a un’altra banda. Silvia Romano, che nei giorni precedenti al rapimento era stata seguita e pedinata, è stata portata via senza cellulare e senza passaporto e caricata su una moto che si è diretta verso una boscaglia nei pressi del fiume Tana. Degli otto banditi, cinque sono attualmente ricercati, mentre i due che saranno processati a breve sono finiti in manette il giorno di Santo Stefano. Un terzo elemento fermato dalla polizia, e cioè un cittadino somalo di 35 anni, trovato in possesso di una delle armi utilizzate in quel blitz in cui rimasero feriti anche due minori, ha ammesso le sue responsabilità.
Il fatto che Silvia fosse viva il giorno di Natale era stato reso noto già il 24 dicembre 2018 durante un briefing sulla sicurezza nella contea di Kifili, dove si trova il villaggio, Chakama, teatro del rapimento. In quell’occasione la polizia keniana si era detta convinta che la giovane italiana fosse “ancora viva” e che non fosse stata “portata fuori dal Kenya”.
Che le indagini avrebbero preso una direzione precisa, il condizionale è d’obbligo, è determinato anche dal fatto che i carabinieri del Ros, così come concordato durante il vertice a Roma, torneranno a Nairobi. La nuova missione ha lo scopo di acquisire nuovo materiale probatorio raccolto dalle autorità locali, che sono al lavoro per catturare cinque degli otto elementi della banda di sequestratori ma, soprattutto, per continuare a indagare, investigare e cercare possibili nascondigli dove Silvia è privata della libertà.
L’altro dato è che, dopo le iniziali difficoltà di cooperazione tra autorità italiane e keniane, il vertice ha definito una piena collaborazione per arrivare a una soluzione positiva della vicenda del sequestro della giovane italiana e lo scambio di informazioni avvenuto in quella occasione ha dato nuovo slancio alle indagini.
Angelo Ferrari
(Fonte: Agi)