La Nigeria ha confermato fino a data da stabilirsi la chiusura delle sue frontiere terrestri con Benin, Niger, Ciad e Camerun. Motivo: limitare l’importazione di riso e il contrabbando. La chiusura è stata imposta il 19 agosto scorso e sta creando enormi problemi in Nigeria e nei quattro Paesi confinanti, a cominciare da una forte inflazione dei prezzi delle materie prime. In Nigeria ora tutti i prodotti devono essere importati attraverso il porto di Lagos (nella foto), che è noto per l’inefficienza e la corruzione dilagante dei suoi gestori.
In Nigeria il prezzo del riso è aumentato del 30%, creando un grave malcontento popolare. L’inflazione è salita all’11,24% lo scorso settembre dopo tre mesi consecutivi di ribassi, contro il risultato di agosto che si attestava all’11,02%, la cifra più bassa degli ultimi quattro anni.
Il Paese che soffre di più per la chiusura delle frontiere è il Benin, che ha un’economia fortemente dipendente dal vicino gigante nigeriano. Le autorità beninesi hanno definito la decisione del presidente nigeriano Buhari catastrofica e anche all’interno del Paese francofono c’è forte malcontento, aggravato dal fatto che il presidente Talon è contestato anche per le ultime elezioni vinte dopo aver messo fuori gioco i partiti di opposizione.
Ma, soprattutto, la decisione della Nigeria di chiudere le frontiere è una sorta di paradosso di un Paese che, sebbene firmatario dell’accordo per l’istituzione di un’Area di libero scambio continentale, avvia una strategia protezionista che va nella direzione esattamente opposta.