Questa volta la pace dovrebbe – il condizionale è d’obbligo, ma oggi più attenuato rispetto alle passate occasioni – essere ormai una realtà in Sud Sudan. Le parti in conflitto, ha riferito l’Agenzia Nova oggi pomeriggio, hanno concordato di formare un governo transitorio di unità nazionale sabato prossimo, come annunciato dal presidente sud-sudanese Salva Kiir (a destra nella foto d’archivio) al termine di un incontro avvenuto oggi nella capitale Juba con il leader dell’opposizione armata Riek Machar.
«Abbiamo avuto un incontro con il presidente sulle questioni in sospeso. Abbiamo deciso di formare il governo il 22 febbraio», gli ha fatto eco Machar, secondo un virgolettato dell’agenzia Agi. Kiir ha aggiunto che nominerà Machar primo vicepresidente (il ruolo che il leader nuer già deteneva prima dello scoppio della guerra) venerdì, precisando che tutti i membri dell’opposizione riceveranno protezione. «E se ci sono cose su cui non abbiamo concordato, abbiamo deciso di risolverle. Le finalizzeremo nei prossimi giorni».
L’ultima questione grossa in sospeso era quella riguardante il numero degli Stati del Sud Sudan, inizialmente 10 e che Salva Kiir aveva voluto portare a 32. Il presidente ha annunciato sabato scorso la decisione di tornare al numero di 10, ma con la contemporanea creazione di tre nuove aree amministrative (Abyei, Ruweng e Greater Pibor).
Intanto, la scorsa settimana la Comunità di Sant’Egidio ha ospitato il primo round negoziale a seguito degli accordi per il cessate il fuoco firmati a Roma lo scorso 12 gennaio. Alle trattative, riferisce Sant’Egidio in una nota, hanno partecipato una cinquantina di delegati in rappresentanza del governo del Paese africano, di tutte le forze politiche dell’opposizione (Ssoma, Splm-Io, Ndm, Opp, Fds) e di alcuni osservatori internazionali tra cui l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), le Nazioni Unite e l’Unione Europea. L’incontro, svoltosi grazie appunto alla mediazione di Sant’Egidio, sancisce in particolare l’ingresso del Ssoma, sigla che riunisce tutti i movimenti di opposizione che non hanno aderito all’accordo di pace di Addis Abeba del settembre 2018, nel meccanismo di verifica e monitoraggio del cessate il fuoco.