Ghana | La geenna tossica della nostra tecnologia

di Pier Maria Mazzola

Qualcuno vuol dare un’occhiata per vedere dov’è finito il suo ultimo smartphone fuori moda o il televisore guasto? Auguriamoci che non si trovi ad Agbogbloshie, la più grande discarica di rifiuti elettronici al mondo. Il breve documentario ci porta in questa periferia di Accra, la capitale del Ghana – esattamente nel quartiere di Old Fadama –, specializzatasi nella raccolta e “trattamento” di quelli che in Italia chiamiamo Raee (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) e che dovrebbero beneficiare di ben altro sistema di riutilizzo e riciclo.

Il problema più grosso è, naturalmente, quello della salute degli operatori della discarica, che si suddividono in due principali categorie: “rottamatori” e “bruciatori”. Uno di questi ultimi, Abdul Rahim Mohammed (il primo che vediamo e sentiamo parlare), dice: «A volte quando stai in piedi ti viene male. La mia vita qui è questa, ad ogni momento. Soltanto lo stare qui è dolore nella mia vita. E la mia testa! Il mio mal di testa, a causa di tutto il caldo che c’è… Dolore».

Sono disturbi di diverso tipo, e poi cancro, malattie polmonari… Qui la diossina è a livelli pericolosamente elevati.

Per seguire meglio i dialoghi in inglese, attivare i sottotitoli da "Impostazioni"

Nel video vediamo anche altri “bruciatori” prendere la parola, e Jindrich Petrlik, della ong ceca ambientalista Arnika («Si stima che dall’Unione europea vengano esportate ogni anno 350mila tonnellate di rifiuti tossici […] e i rifiuti vengono anche da Stati Uniti, Canada, Corea del Sud…»); Anita Asamoah, ricercatrice senior presso la Ghana Atomic Energy Commission, e il suo collega Eric Akortia: «Abbiamo deciso di raccogliere campioni di uova di gallina ruspanti. Perché erano conosciuti come specie indicatrici che potevano fornire informazioni sui livelli di inquinanti nei prodotti alimentari». Rinforza Petrlik: «I livelli di sostanze chimiche tossiche nelle uova di gallina sono molto allarmanti: i più alti mai riscontrati in uova di gallina ruspanti».

Lo stesso vale per gli altri animali da alimentazione. E anche… per gli umani. Anita Asamoah osserva con preoccupazione che attraverso l’allattamento al seno «noi donne trasmettiamo gli inquinanti ai nostri figli».

Frederik Opoku, esponente del distretto suburbano di Amamomo, punta il dito sul governo: «Perché almeno non fornisce cassonetti? Come comunità siamo molto preoccupati».

«Qui la quantità di rifiuti cresce di anno in anno – conclude Jindrich Petrlik –. Se non si farà niente, il problema potrà solo diventare più grosso e una popolazione più ampia sarà colpita dalla contaminazione generale nel sito e nei dintorni».

Un reportage di Matteo Leonardi e Marco Garofalo da Agbogbloshie è stato pubblicato sul n. 5/2018 della rivista Africa

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