Qual è il continente in cui negli ultimi anni sono stati fatti i maggiori progressi in materia di parità di genere? Ebbene sì, l’Africa, almeno presa nel suo complesso.
Circoscriviamo la questione. Non stiamo parlando necessariamente della situazione vissuta dalle donne sul terreno (non dimentichiamo di certo le innumerevoli vittime di stupro nel Kivu, per esempio). I dati che ci fornisce una ricerca pubblicata a gennaio dal Gruppo Banca Mondiale rileva fino a che punto le legislazioni e le normative di 190 Stati abbiano favorito l’inclusione lavorativa ed economica delle donne. Gli indicatori assunti sono 8: libera circolazione; accesso al lavoro; retribuzione; matrimonio; maternità; imprenditoria; gestione di attivi (proprietà e successione); pensione. Viene insomma coperto tutto l’arco della vita di una donna dal punto di vista della sua iniziativa nel mondo del lavoro e in campo economico, in rapporto con tutte le fasi della sua esistenza.
Il rapporto Women, Business and the Law 2020 è zoomato sull’ultimo anno, evidenziando però le evoluzioni registrate tanto nell’ultimo decennio come nell’ultimo mezzo secolo. Ebbene, si tratta, in linea generale, di progressi notevoli, soprattutto nell’ultimissimo periodo. Cinquant’anni fa, non una solo «economia» al mondo garantiva alle donne, dal punto di vista del diritto, protezione dalla violenza domestica. Oggi, sono 155 i Paesi che si sono dotati di una legislazione in tal senso; in Africa, 30 (su 55).
Alle «economie» più virtuose è stato assegnato un punteggio di 100, che premia la perfetta parità legale uomo-donna: l’hanno raggiunto sette Paesi nordeuropei, e solo due-tre anni fa, cui si è ora aggiunto il Canada (l’Italia è vicina alla meta). La media mondiale è di 75,2; tradotto: la donna gode di “tre quarti” dei diritti di cui godono gli uomini. L’Africa subsahariana ha un punteggio medio di 69,9, ma con balzi anche straordinari nell’ultimo biennio: primo fra tutti il Sud Sudan (risalito di oltre 18 punti), quindi São Tomé e Príncipe, Gibuti e Rd Congo; citiamo anche Guinea, Malawi, Mauritius, Zambia. E la Tunisia, che però in questo Rapporto si trova aggregata al “Nord Africa Medio Oriente”, regione che, nonostante qualche progresso, vede allargarsi la forbice con il resto del mondo.
I Paesi africani che spiccano per punteggio assoluto sono Mauritius (quasi a 92) e Sudafrica; a fondo scala, il Sudan (29,4).
La buona notizia è che l’Africa non è affatto ferma. Appare anzi come una velocista nell’abbattimento delle barriere di genere. Ciò significa che Parlamenti e governi crescono in sensibilità e legiferano “dalla parte delle bambine”. Considerata assieme con il Medio Oriente, l’Africa nel 2017-19 ha varato oltre la metà dei provvedimenti adottati nel mondo.
Di quali riforme parliamo? Diverse sono intuibili a partire dagli otto indicatori citati sopra. Qualche esempio più preciso: leggi contro le molestie sessuali sul luogo di lavoro; congedo parentale; non discriminazione nell’accesso al credito; e neppure nell’accesso al lavoro, di qualunque tipo esso sia; parità di diritti davanti al divorzio; libera mobilità; godimento dei pieni diritti di proprietà e di eredità (in Tanzania, per esempio, è stato dimostrato l’effetto benefico di questa riforma sul reddito e l’occupazione femminile).
Gli ambiti in cui rimane ancora da fare di più – non solo in Africa ma nel mondo – sono quelli della maternità, in particolare i congedi parentali, e della parità di retribuzione.
(Pier Maria Mazzola)