“Acconsentiamo allo svolgimento delle presidenziali alla data prestabilita del 28 luglio, ma nessun cittadino dell’Azawad potrà andare ad eleggere il nuovo capo dello Stato sotto la protezione dell’esercito nazionale. Dovranno essere le truppe delle Nazioni Unite a garantire la sicurezza del voto”: è un’apertura condizionata quella espressa da una delegazione del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) durante una riunione a Ouagadougou con i mediatori del Burkina Faso.
Sono ufficialmente ripresi i negoziati tra la ribellione tuareg e la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao/Ecowas), l’organismo regionale incaricato di risolvere la crisi tra Bamako e le minoranze che abitano la vasta e desertica regione settentrionale dell’Azawad, dallo scorso gennaio teatro di un’offensiva militare contro gruppi armati tuareg e di matrice islamica.
Nonostante la riconquista dei capoluoghi di Timbuctù e Gao grazie all’intervento delle truppe maliane, francesi ed africane, che hanno respinto le forze ribelli, a Kidal la situazione rimane incerta, tanto da ipotecare lo svolgimento delle presidenziali. Il capoluogo regionale è tutt’ora occupato dall’Mnla, dal Movimento islamico dell’Azawad – fazione dissidente del gruppo jihadista di Ansar Al Din – e dal Movimento arabo dell’Azawad. Lo scorso fine settimana, sempre a Kidal, è stato costituito un Alto consiglio per l’unità dell’Azawad, presieduto dal capo tradizionale Intalla Ag Attaher.
Seppur divisa, la comunità minoritaria tuareg continua ad opporsi al dispiegamento a Kidal dell’esercito nazionale, per lo più costituito da soldati neri e originari del sud, temendo vendette e violazioni dei diritti umani su vasta scala. Con l’avvicinarsi della scadenza elettorale e dietro pressioni della comunità internazionale anche il governo di transizione di Bamako sta aprendo canali di comunicazione con quei gruppi tramite la Commissione dialogo e riconciliazione e il nuovo emissario per il nord, l’ex ministro Tiébilé Dramé. Il voto dovrebbe archiviare la transizione cominciata dopo il colpo di stato militare del 22 marzo 2012 che ha destituito l’ex presidente Amadou Toumani Touré. Inoltre, sempre in vista delle presidenziali di luglio, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato il dispiegamento nel nord del Mali di una missione di mantenimento della pace (Minusma) costituita da 12.600 caschi blu incaricati per altro della sicurezza del processo elettorale.
Pechino ha proposto di contribuire alla missione mettendo a disposizione 500 caschi blu cinesi, che potrebbero aggiungersi ai 6500 soldati ciadiani e di più paesi dell’Africa occidentale già presenti sul terreno dallo scorso gennaio. Il coinvolgimento cinese è un fatto piuttosto raro: su tutto il continente solo 2000 uomini sono impegnati in operazioni di peacekeeping in Congo, Sudan, Liberia e la maggior parte sono ingegneri, logistici e operatori sanitari.