Il Bokmakierie è uno splendido uccellino africano giallo con il dorso grigio e un “bavaglino” nero. Lo vedi spesso svolazzare veloce tra i rami bassi degli alberi soprattutto nelle prime ore del mattino. E se non lo vedi, il Bokmakierie lo senti: il suo canto è inconfondibile. Acuto, con note alte. Ritmico. Ogni canto è diverso. O quasi…
Il Bokmakierie, come moltissimi altri passeriformi, è monogamo e quindi quando trova un partner quello è per tutta la vita. Quella coppia sarà per sempre. I due creano quindi il loro canto. La loro canzone d’amore diversa da quella di tutte le altre coppie. Il loro unico ed inconfondibile richiamo. E qui viene la magia della natura, dell’amore, se così vogliamo chiamarlo. Se uno dei due muore, il Bokmakierie rimasto solo non morirà, non si lascerà abbattere da questa perdita. Continuerà a volare nei rami bassi degli alberi, cantando ancora la loro canzone. La loro unica canzone. Arriverà il giorno in cui troverà un altro Bokmakierie solo e allora i due creeranno un’altra nuova unica canzone, unendo i loro vecchi richiami e nessuno dei due abbandonerà mai la vecchia melodia.
In Natura esistono co-evoluzioni in cui una specie si evolve insieme ad un’altra per mutuo beneficio, commensalismo o per parassitismo. L’essere umano con il cane, ad esempio, o il pesce pagliaccio con l’anemone di mare, le bufaghe con le gazzelle. In questa forma di mutualismo, ad esempio, entrambe le specie hanno un beneficio dall’interazione: l’uccello, essendo ematofago, si nutre dei pidocchi e delle zecche dei mammiferi, e questi se ne giovano perché vengono puliti quotidianamente dalle bufaghe, che hanno anche il ruolo di sentinella e avvisano l’arrivo di predatori prima che le gazzelle, dal basso, possano vederli.
La cooperazione è la chiave dell’evoluzione per tantissime specie. L’interazione spontanea tra specie diverse è a volte davvero un salva vita. E se pensiamo che alcuni animali riescono a convivere da migliaia di anni con specie completamente diverse da loro traendone mutuo beneficio e che noi non siamo capaci di accogliere, accettare ed apprezzare un’altra cultura ci rendiamo conto di quanto l’essere umano sia davvero l’unica specie anti-evolutiva. Perché come diceva Einstein, riferendosi alle guerre e ai genocidi «nessun topo costruirebbe mai delle trappole per topi».
Tutti pensiamo che lo struzzo metta la testa sotto la sabbia quando vede un predatore, a tal punto da diventare emblema di stupidità e codardia. Non è vero, non è così! Lo struzzo è invece molto furbo in questa sua strategia anti-predatoria: quando vede in lontananza un predatore, abbassa la testa il più vicino possibile al suolo, in modo da rendere quasi invisibile il collo e da sembrare un cespuglio. La maggior parte delle volte questo mimetismo funziona e se invece il predatore si dovesse avvicinare lo struzzo correrà velocissimo, raggiungendo i 70 km/h. Tuttavia i leoni e i leopardi, ad esempio, possono raggiungere gli 80-90km/h e quindi la velocità dello struzzo potrebbe non essere sufficiente per scappare dai predatori. Cosa ci insegna questa storia? A volte la strategia migliore per sopravvivere è stare fermi, nel mimetismo e nella pazienza. Non sempre la tattica più efficiente è quella di combattere o scappare, a volte è proprio l’assenza di attività ad essere vincente!
In parte dovuta a film e credenze popolari, l’idea che esista un cimitero degli elefanti, un posto in cui gli elefanti vanno a morire tutti insieme, è radicata in ognuno di noi: Ma esiste davvero? No. Quello che succede è che gli elefanti hanno 7 set di molari, che ricambiano nel corso della vita. Quando l’ultimo set di molari cade, verso i 60/70 anni, l’elefante non sarà più in grado di masticare e quindi si recherà vicino a corsi d’acqua dove la vegetazione è più soffice e riuscirà quindi a sopravvivere per qualche tempo in più. Quando sarà arrivata la sua ora, però, l’elefante morirà vicino all’acqua, proprio perché era lì che c’era la vegetazione più adatta alla sua dentatura. Quindi sì, si può affermare che in genere tutti gli elefanti di una zona muoiano intorno alla stessa area, ma non è un cimitero: è semplicemente ecologia.
Le iene maculate (crocuta crocuta) hanno due mammelle, ma partoriscono tre piccoli alla volta. Questo fa sì che la mamma non potrà allattare tutti e tre i cuccioli e quindi dovrà decidere chi far sopravvivere. Come decide? Essendo la loro una società matriarcale (le femmine sono all’apice della gerarchia nel gruppo), la mamma darà la precedenza alle figlie femmine, per cui se i cuccioli dovessero essere due femmine e un maschio, la mamma non nutrirà il maschio portando a crescita solo le due figlie femmine. Queste due, però, inizieranno una guerra già da appena nate. Un po’ come succede con i fratricidi di alcuni rapaci: una lotta tra fratelli. Nel caso delle iene, la sorella più forte quindi ucciderà l’altra, rimanendo in questo modo l’unica erede della famiglia e quindi l’unica matriarca. Nel caso nascessero due maschi e una femmina, invece, la mamma porterà alla morte il fratello maschio più debole lasciando in vita un figlio maschio e una figlia femmina. A questo punto, proprio come succede nelle api per l’ape regina, la figlia femmina verrà nutrita maggiormente per essere più grande e forte dei maschi. E questo come avviene? Le iene hanno una mammella tra le zampe posteriori e una mammella tra le zampe anteriori. Il maschio, in modo del tutto innato, andrà a nutrirsi nella mammella delle zampe posteriori dove il flusso di latte è minore, mentre la sorella berrà il latte nella mammella anteriore, dove il flusso di latte è maggiore. Quando le iene femmine saranno adulte avranno un clitoride grande come un pene. Questo è chiamato infatti pseudo-pene ed è dovuto alla presenza di livelli alti di androgeni pre e post-natale. Alti livelli di androgeni sono stati osservati nella seconda metà della gestazione, il che potrebbe essere ricondotto alla mascolinizzazione delle femmine. I livelli di androgeni post-natali sono più alti nelle femmine che nei maschi, il che fa pensare alla correlazione tra questo e l’aggressività/dominanza della femmina rispetto al maschio.
(Chiara Grasso)