Ieri il presidente Uhuru Kenyatta ha esteso il coprifuoco e l’isolamento di Nairobi, Mombasa e Kilifi di altri 21 giorni. La gente è stanca, ma i casi di Covid-19 accertati sono ormai 343, i morti 14, i guariti 95, e tanti hanno respirato sollevati perché temevano un lockdown totale. Gli interventi in strada di Jack sono continuati. Sempre accompagnato da un altro dei nostri operatori, ogni giorno ha sistemato mediamente una ventina di ragazzi in diverse strutture di accoglienza che avevano manifestato allo Street Families Trust Fund (Sftf) di essere disponibili.
I ragazzi in strada sono in estrema emergenza. Meno gente in strada significa per loro meno entrate, meno lavoretti saltuari, meno elemosine, e il coprifuoco significa isolamento totale durante la notte, con possibili aggravanti di abusi esterni e interni al gruppo, e quindi più fame e disperazione. L’approvazione e accompagnamento con una protezione legale dello Sftf ha reso questi interventi meno rischiosi per tutti. Quindi anche istituzioni che avevano evitato di prendere ragazzi direttamente dalla strada hanno accettato di correre questo rischio. Sarà più difficile il lavoro a lungo respiro di rieducazione e reinserimento nella famiglia o nella società.
Stamattina [26 aprile] abbiamo fatto una bella messa a Tone la Maji. Nel commento al Vangelo – il racconto di Emmaus – mi sono avventurato a spiegare alla mia comunità – età media 12 anni – la differenza fra la lettura degli avvenimenti fatta dai suoi discepoli e quella di Gesù. I discepoli conoscevano i fatti, ma non li capivano, mentre Gesù li capiva nel loro significato profondo. Anche noi conosciamo persone che sanno tutto, ma non capiscono niente, perché guardano le cose nella prospettiva sbagliata. Alla fine i discepoli capiscono quando si siedono insieme allo straniero a tavola e si riscoprono comunità. Insieme. Insieme, questa parola che possiamo dire anche con koinonia. O comunione, comunità, solidarietà. Solo insieme possiamo capire sia il senso del nostro vivere individuale come quello della collettività, e possiamo continuare il cammino insieme al Risorto. Probabilmente non sono riuscito a farmi capire, ma ci ho provato.
Oggi Jack si è preso la domenica per riposare e faremo con tutto il team il punto della situazione, e faremo anche un programma educativo, prevedendo anche dei momenti di lavoro per i più grandi. Per il momento abbiamo ad Anita’s Home 30 bambine. A Tone la Maji 35 bambini, a Kerarapon ci sono 41 minori nella casa e 23 giovani adulti nei dormitori della Domus Mariae, questo è il gruppo che martedì era stato messo provvisoriamente a Tone la Maji. Poi. nelle stanze dei lavoratori nella fattoria di Malbes ci sono 8 ragazzi, maggiorenni o quasi. Domani Jack tornerà in strada, con Besh o con Fred, e ci aspettiamo di ricevere entro sera a Domus Mariae almeno altri 20 ragazzi. Per fortuna ormai nelle strade più a rischio del centro città di bambini non ne sono rimasti molti.
I numeri non danno il senso della bellezza della vita che ci ha travolto, dei volti, dei sorrisi, degli sguardi. Della voglia di superare gli inevitabili scontri e litigi che nascono in un gruppo cosi numeroso di persone che vivono in spazi comunque limitati. Del tifo entusiasta durante le partite di calcio nei vari campetti all’interno delle nostre case. Della placida felicità contemplando un semplice piatto di riso e patate.
CJTF-Hoa Photo
Padre Renato Kizito Sesana è un missionario che vive tra Nairobi (Kenya) e Lusaka (Zambia), città dove ha avviato case di accoglienza per bambini e bambine di strada (si chiamano Kivuli, Tone la Maji, Mthunzi…) e molte altre iniziative principalmente rivolte ai giovani, rendendoli protagonisti (come la comunità Koinonia). È cofondatore della onlus Amani, che dall’Italia sostiene la sua opera. Da giornalista, ha sempre avuto una viva attenzione alla comunicazione, dapprima come direttore di Nigrizia, quindi fondando a Nairobi la rivista New People e rendendosi presente sui mezzi di comunicazione keniani e internazionali.