In Zimbabwe, come in molti Paesi dell’Africa subsahariana, il lockdown impedisce ai lavoratori del settore informale di guadagnarsi il pane quotidiano. La fame fa più paura del Covid-19 e sono in molti che rischiano la propria incolumità, violando le rigide norme della quarantena, per procurarsi il necessario.
In Zimbabwe, però, Samantha Murozoki, un avvocato specializzato in immigrazione, ha iniziato a offrire pasti gratuiti alle persone più vulnerabili del suo quartiere di Chitungwiza.
«Ho usato circa 200 dollari in contanti e dopo aver finito i soldi, ho iniziato a barattare. Scarpe da ginnastica, jeans per un pacchetto di mais o una bottiglia di olio da cucina. Così sono riuscita a mettere da parte il necessario da offrire ogni giorno alla povera gente che si rivolgeva a me», ha raccontato Samantha al sito www.africanews.com. Quella che era iniziata come una piccola iniziativa nel suo quartiere si è progressivamente allargata e ha attirato molte persone dalle zone limitrofe.
«Andavo in Sudafrica ad acquistare olio da cucina, pannolini per bambini e coperte da vendere qui in Zimbabwe. I proventi ci aiutavano a tirare avanti ma ora, poiché i confini sono stati chiusi, non possiamo più fare questo commercio. Anche i luoghi in cui eravamo soliti vendere e acquistare sono stati distrutti», spiega Diana Madondo, una beneficiaria della mensa di Samantha.
Un altro James Tavhiringwa osserva: «Molte persone sono state sospese dal lavoro a causa del coronavirus. Se non lavori, non c’è altro modo di guadagnarsi da vivere, non ci sono soldi, quindi il cibo in casa si esaurisce presto».
Dal 15 aprile, Samantha ha servito oltre 4.600 pasti. La scorsa settimana, ha ricevuto 500 kg di farina, 20 kg di fagioli e zucchero e 10 kg di sale da un grossista nazionale che ha deciso di sostenere la sua iniziativa. E ora, grazie alla solidarietà anche di alcuni cittadini benestanti, continuerà. Finché l’epidemia non si esaurirà.