«Ai miei fratelli, ho cercato di sopravvivere però ho fallito. Perdonatemi. Ai miei amici, è stata un’esperienza troppo dura e mi sento troppo debole per poter resistere. Perdonatemi. Al Mondo, sei stato molto violento con me violento con me, però ti perdono». Sarah Hegazi, 30 anni, attivista LGBT egiziana, si è suicidata due giorni fa lasciando questo messaggio. Imprigionata e torturata per aver sventolato a Il Cairo una bandiera arcobaleno durante un concerto, la donna aveva chiesto e ottenuto asilo politico dal Canada dopo essere stata rilasciata nel 2018 dalle autorità egiziane. Troppo forte, evidentemente, la paura di subire ancora una volta le violenze da lei denunciate.
Pur non essendoci in Egitto una legge che punisce l’omosessualità, l’attivista fu accusata dalla procura del Cairo di progagandarne la diffusione nel Paese.