Sudafrica | Il Covid-19 continua a espandersi

di Enrico Casale
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In Sudafrica l’epidemia di Covid-19 continua ad allargarsi anche se, al momento, è ancora concentrato in alcune zone. I casi sono quasi 74mila e i morti finora registrati sono quasi 1.600. Il numero maggiore di contagi – circa due terzi – è stato registrato nella provincia del Capo Occidentale. I pendolari che si spostano per lavoro nell’Est del Paese, hanno portato il virus nelle aree meno colpite: «C’è gente che lavora tra Città del Capo e Gauteng – spiega un membro del dipartimento di Sanità del Capo Orienale – si sposta tra queste zone del Paese diffondendo l’infezione».

«Attualmente – spiega Luigi Morell, padre bianco, missionario nel KwaNatalZulu –, il numero totale dei morti è aumentato, rimane però sotto il 2% dei contagiati e, quindi, ancora basso. Le autorità hanno imposto norme di sicurezza severe. Nella nostra zona, la gente le osserva con disciplina: mantiene le distanze, indossa le mascherine, si disinfetta le mani. Ci sono molti controlli nelle scuole e nei luoghi di lavoro».

Le autorità continuano a vigilare intorno alle grandi township. C’è il timore che le chiusure eccessive portino a rivolte di gente in cerca di sfamarsi. «Nelle città non si vedono poliziotti o soldati – continua padre Morell -. Intorno alle baraccopoli però i controlli si intensificano. Personalmente svolgo una parte del mio servizio pastorale proprio in una bidonville. Quindi ho avuto l’occasione di entrare. Ho visto gente in giro. Molti alla ricerca del necessario per sopravvivere. Nelle township, secondo i dati ufficiali, non c’è stata una grande diffusione del virus».

«Il dramma – osserva Pablo Velasquez, missionario scalabriniano a Johannesburg – è che negli ultimi giorni la gente ha abbassato la guardia. Troppe persone vanno in giro per lavoro o per divertirsi perché hanno la sensazione che il virus non sia pericoloso. Ciò rischia di aggravare la situazione e di farci sprofondare in un lockdown ancora più rigido di quello che abbiamo vissuto nei mesi scorsi».

Le principali imprese commerciali e agricole vanno al rallentatore. «Le grandi fattorie hanno sempre lavorato ma ora, con l’arrivo dell’inverno, stanno riducendo le attività – continua padre Morell -. I supermercati sono sempre stati aperti. Lentamente hanno ripreso anche gli altri negozi. I ristoranti possono lavorare ma mantenendo distanziati i clienti o vendendo cibo da asporto. I bar sono aperti a orari ridotti. Abbiamo sempre avuto la corrente elettrica e la connessione a Internet. Tutto ciò ci ha permesso di sopravvivere».

Le funzioni religiose invece non sono ancora ripartite. Le chiese cristiane (cattoliche, evangeliche e  anglicane) sono ancora chiuse.  «Noi abbiamo deciso di riprendere a celebrare le messe – conclude padre Pablo -, ma con solo 50 fedeli che si devono prenotare in precedenza e devono rispettare le rigide norme imposte dall’autorità. Abbiamo detto ai nostri fedeli che se si dovesse registrare uno o più casi tra chi frequenta la messa, noi chiuderemo la chiesa a data da destinarsi. Oltre all’assistenza spirituale, noi scalabriniani offriamo anche un aiuto economico. Per settimane, tutti i giorni, abbiamo fornito cibo alla povera gente delle township che non poteva andare a lavorare. Assistevamo migliaia di persone. Siamo allo stremo. Abbiamo dovuto ridurre le giornate di distribuzione del cibo. Purtroppo il Covid-19 non ci ha portato solo un’emergenza sanitaria, ma anche una grave emergenza economica».

(Enrico Casale)

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