Molto spesso i volontari e gli amici mi chiedono qual è stato il momento più bello o di maggior pericolo che abbia mai vissuto nel bush da quando faccio la ranger. A questa domanda, mi trovo sempre in difficoltà perché in otto anni ho fatto tesoro di così tanti incontri mozzafiato da non saper mai scegliere!
La giornata perfetta
Immaginate di trovarvi all’alba lungo il fiume in una giornata d’inverno: le montagne si accendono di rosso fuoco illuminate dai primi raggi del sole, il vapore fluttua sopra il fiume, gli ippopotami vocalizzano immersi nell’acqua fredda, gli uccellini cinguettano arzilli dai rami più alti degli alberi per farsi accarezzare dai primi scorci di luce della giornata e i leoni iniziano a ruggire, vicino alla Jeep, sprigionando una forza immensa a tal punto da far tremare l’aria, da far venire la pelle d’oca e le farfalle allo stomaco. Questo è il mio inizio di giornata preferito, uno di quelli che metterebbe di buonumore anche Giacomo Leopardi!
La preda
Mi ricorderò sempre del giorno in cui ci andammo nel bush per scoprire quale preda avessero abbattuto tre leoni. Il segnale del collare di due dei tre leoni proveniva dal letto di un fiumiciattolo in secca, uno dei posti prediletti dai felini per dormire durante le ore calde della giornata e ideale per fare agguati alle sfortunate prede. L’odore della carcassa era fortissimo, quasi insopportabile, e proveniva dal lato opposto alla strada rispetto ai leoni, come indicato dal segnale. Avevamo un buon margine di spazio (circa 400 metri) per andare a identificare la carcassa a piedi, annotare la specie e tornare verso il fuoristrada. Passo dopo passo, ci avvicinammo. Il ronzio delle mosche si fece fortissimo. Poi lo vedemmo: davanti a noi giaceva un maschio di kudu adulto, ormai in decomposizione. Dopo aver registrato le coordinate gps, iniziammo il ritorno verso l’auto, controllando di nuovo il segnale, che iniziava a farsi sempre più vicino: i leoni avevano iniziato a muoversi nella nostra direzione! Eravamo a circa 50 metri dalla jeep quando i nostri sguardi si incrociarono. I leoni sembravano chiedersi, quasi stupiti, cosa stessero facendo questi uomini vicino al delizioso kudu. Non saranno mica andati a mangiarselo? Noi, invece, nella nostra mente stavamo pensando: «Come fanno a mangiare una carcassa cosi putrida? E chissà che alito». I leoni si fermarono a guardarci, mantenendo la distanza. Noi proseguimmo verso la Jeep, camminando lentamente. Nessun ruggito, nessuna “carica”. Solo uno sguardo interdetto da parte dei leoni che sembravano non capire cosa stessimo facendo. Non appena raggiungemmo il fuoristrada, i leoni tornarono al kudu e una delle due femmine iniziò a mangiarne un pezzo, seppur controvoglia, solo per farci intendere che era la loro preda. La carcassa era troppo “matura” anche per i leoni stessi, che la abbandonarono di nuovo dopo alcuni minuti.
Regalo magnifico
Questo avvistamento rimarrà sempre nel mio cuore come uno dei più intensi. Non per il povero kudu, di cui, fortunatamente, ricordo solo il ronzio delle mosche. Piuttosto perchè mi sono sentita davvero privilegiata nell’osservare tre leoni adulti cosi vicini a noi, a piedi, mentre tornavamo alla Jeep. Quando si è a piedi ci si sente davvero piccoli e inermi di fronte a questi felini cosi possenti e maestosi. Il fatto che ci abbiano lasciato continuare sul nostro sentiero senza darci nessun avvertimento è stato un regalo magnifico che mi ha lasciato senza fiato e con un grande senso di gratitudine (quarta e ultima parte).
(Sabrina Colombo)