Diga sul Nilo, impasse pericolosa

di Enrico Casale
diga sul nilo

E adesso? Adesso come evolverà la crisi tra Etiopia, Egitto e Sudan? Entro quando sarà riempito il bacino? E quanto acqua conterrà? Quali saranno i flussi idrici rilasciati a valle? Sono queste le domande che gli osservatori si pongono dopo che il Cairo si è ritirato dai colloqui sulla gestione della diga del Nilo azzurro. Secondo le autorità egiziane, le proposte avanzate dagli etiopi mancano di regolamenti stringenti sulle operazioni di chiusura e di apertura del grande sbarramento e non prevedono alcun meccanismo legale per la risoluzione delle controversie. Anche Khartoum ha minacciato di ritirarsi perché non soddisfatta delle proposte etiopi. Entrambe le nazioni a valle hanno richiesto la sospensione dei colloqui e hanno chiesto tempo per avviare consultazioni interne.

La gestione delle acque del Nilo è regolata da due trattati firmati nel 1929 e nel 1959 quando il corso del fiume era controllato quasi interamente dalla Gran Bretagna, allora potenza coloniale. In questi trattati, l’Egitto aveva una posizione dominante e, di fatto, controllava i flussi dalla sorgente alla foce verificando (e, quasi sempre, vietando) la costruzione di sbarramenti. Questo status quo, durato per decenni, è stato incrinato da un nuovo trattato, firmato nel 2010 da sei Paesi rivieraschi, che autorizza progetti di irrigazione e la realizzazione di sbarramenti sul fiume.  Ed è proprio a questo trattato che si appella l’Etiopia per giustificare la costruzione della Grande diga del millennio, un mega sbarramento che dovrebbe produrre energia elettrica per lo sviluppo interno e da esportare nei Paesi vicini. Sudan ed Egitto però non hanno mai riconosciuto l’accordo del 2010 e quindi contestano la legittimità della diga. Ai tempi della presidenza di Mohammed Morsi, il Cairo ha addirittura minacciato di bombardare con i propri aerei lo sbarramento se il progetto fosse stato portato a termine dall’Etiopia.

Per evitare lo scoppio di una guerra, il primo conflitto per l’acqua, Stati Uniti, Unione europea e Unione africana hanno promosso incontri tra le tre nazioni rivierasche affinché raggiungessero un accordo sulla gestione dei flussi idrici.

Al momento però nessuna intesa è ancora stata raggiunta e, con l’uscita dell’Egitto dal tavolo negoziale, il rischio è che tra le nazioni crescano le tensioni e sfocino in un conflitto. Anche perché l’Etiopia ha già iniziato a riempire il bacino. Un momento, quello dell’inizio dello riempimento, che il premier etiope Abiy Ahmed Ali ha festeggiato come un evento storico.

A oggi il bacino contiene 4,9 miliardi di metri cubi di acqua, il che consente già all’Etiopia di testare le sue prime due turbine per produrre corrente elettrica. Come reagiranno Sudan ed Egitto?

(Tesfaie Gebremariam)

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