“E’ vero che l’abbiamo sconfitto sul piano militare, ma nella realtà l’integralismo è presente nella società algerina e la condiziona fortemente”. A parlare è Hadda Hazem, giornalista e unica donna editrice di un giornale (‘El Fadjir’, l’Alba) in Algeria. E’ una delle protagoniste del libro “L’Algeria delle donne” di Gloria Marina Bellelli (Eurlink Edizioni, pp. 490, 18 euro): un saggio che, unendo ritratti e agili pagine introduttive, fa il punto non solo sulla condizione femminile in Algeria, ma anche sugli ultimi decenni della sua storia, dalla lotta di liberazione culminata nell’indipendenza del 1962 ai sanguinosi anni Novanta del terrorismo islamico, dalla riconciliazione nazionale del 2005 fino alla recente elezione, per il suo quarto mandato, dell’anziano e malandato presidente Bouteflika. Nonostate gli ultimi emendamenti al codice di famiglia, osserva ancora la giornalista, “le donne continuano ad essere vincolate all’obbedienza dei procetti della sharia”. E miglioramenti vi saranno, osserva, solo se l’integralismo – che a dispetto della politica ufficiale è radicato e continua a guadagnare influenza nella società – non prenderà il sopravvento.
In un Paese che ha visto le donne in prima fila nella lotta per la liberazione dal dominio francese, e attive anche nella lotta al terrorismo, per essere poi rimesse al margine della vita politica e sociale, quello del Codice di famiglia resta per le algerine una delle questioni primarie da affrontare. E il libro di Gloria Marina Bellelli, diplomatica di carriera che ad Algeri ha lavorato e vissuto per vari anni, ha fra l’altro il merito di fare il punto sulla questione. Il codice di famiglia del 1984, evidenzia l’autrice, le danneggiava nell’istruzione, nel lavoro e nel matrimonio, consentiva la poligamia maschile e nel regime ereditario assicurava una quota doppia rispetto alla donna. Quello del 2005, tuttora in vigore, resta ancora al di sotto delle aspettative delle donne che lottarono per la riforma, pur introducendo elementi innovativi nell’affidamento dei figli, nella possibilità per le donne di trasmettere la nazionalità ai figli e nella necessità del consenso della prima moglie in caso di poligamia. Significativa però una riforma del 2012 che applica il sistema delle quote nel voto per le assemblee elettive, che ha permesso che le donne in Parlamento siano passate dall’7,9% del 2011 al 31,3% dell’anno successivo.
Ma sono molti i fronti che continuano a restare aperti per l’associazionismo femminile in Algeria, come molte sono le storie che si snodano nel libro: a partire da quella di Akila Ouared, agente di collegamento del Fln in Francia durante la guerra di liberazione e ora presidente dell’Associazione algerina per la Difesa e la promozione dei diritti delle donne. Presente anche lei ad un recente incontro a Roma alla Link Campus University, Akila Ouared ha ringraziato gli italiani per il sostegno al suo Paese – sostegno che, ricorda l’autrice del libro, non è mai venuto meno anche nei momenti più difficili, con le imprese italiane che hanno continuato a lavorarvi – e alle donne algerine che in Italia hanno trovato ascolto. Molti anche gli aspetti della società algerina che emergono attraverso il libro, come la fierezza berbera della gente della Cabilia, o le storie individuali come quella dell’atleta Hassiba Boulmerka, medaglia d’oro alle olimpiadi di Barcellona. O memorie come quelle dei “demoni dell’hamman” evocati, insieme al sottile erotismo di quei luoghi, dalla giornalista Leila Bouklu Hacéne Tani. “Ricordo alcune mie zie che mi dicevano ‘abbassa la gonna e tieni le gambe chiuse’ – racconta – e le strane storie sull’hamman che sarebbbe abitato dai jin, sorta di demoni, che quando vedono una bella ragazza possono possederla”.* Luciana Borsatti (ANSAmed).