È ormai qualche settimana che non riesco a trovare il tempo per aggiornare gli amici che vogliono sapere di più su come viviamo la pandemia covid-19 nei vari progetti di Koinonia in Kenya e in Zambia. Oggi scrivo solo qualche riga per riprendere il filo e dare uno sguardo generale, in attesa di qualche ora di tranquillità che mi permetta di raccontare cosa succede nel mio piccolo mondo.
In questi due Paesi i numeri sono ancora molto bassi. Sempre contando dall’inizio della pandemia ad oggi, si sono registrati 719 decessi in Kenya e 345 in Zambia.
In marzo c’erano più che giustificati timori che le insufficienti strutture sanitarie dell’Africa sarebbero crollate non appena il covid-19 avesse preso piede, e in particolare in Kenya siamo stati bombardati con previsioni apocalittiche. Ci aspettavamo, prima in giugno e poi in settembre, centinaia di morti al giorno. Invece questo non è successo. Come mai? Ho letto in questi mesi tanti articoli che cercavano di rispondere a questa domanda, Tutti poco convincenti. Stamattina ne ho trovato uno che propone delle ipotesi sensate anche se alcune sono ancora da verificare con ricerche approfondite. Lo trovate a questo link.
Se la popolazione africana ha sostenuto bene l’impatto del covid-19 sul piano medico-sanitario, così non è stato sul piano economico-sociale. Qui la devastazione è stata drammatica, almeno nei Paesi che io conosco. In questa settimana in Kenya hanno riaperto le scuole. In un Paese che ha circa 50 milioni di abitanti si stima che la popolazione scolastica prima della pandemia fosse di 17 milioni. Dopo sette mesi di chiusura molte scuole private non hanno riaperto e, anche se nessuno lo dice a voce alta, si calcola che due milioni di studenti mancheranno all’appello. Per mille ragioni diverse, che però si possono ricondurre a una, che è la ricaduta nella povertà estrema per migliaia di famiglie che da quella povertà erano appena uscite o stavano uscendo.
In Zambia, secondo Paese africano per la produzione di rame, il crollo dell’economia ha portato a un passo dalla dichiarazione di default, come racconta questo articolo del Financial Times (14 ottobre): «Lo Zambia ha avvertito che potrebbe diventare il primo Paese africano a essere inadempiente a causa della pandemia di coronavirus, se gli investitori nei suoi 3 miliardi di obbligazioni in dollari Usa respingono la richiesta della nazione dell’Africa meridionale di sospendere i pagamenti. Il secondo più grande produttore di rame dell’Africa, che sta tentando di ristrutturare i suoi 12 miliardi di dollari di debito estero, è diventato un test cruciale per gli sforzi globali per aiutare le nazioni emergenti a una riduzione del debito mentre la pandemia devasta le loro economie. Nonostante la minaccia di insolvenza, gli obbligazionisti, che dovrebbero decidere la prossima settimana se accettare o meno la richiesta del governo di sospendere il pagamento degli interessi per sei mesi, affermano di voler rifiutare la proposta».
Cosa succede quando un Paese dichiara default? Non è mai successo in Africa, ma è facile prevedere chi pagherà il prezzo più alto.
Padre Renato Kizito Sesana è un missionario che vive tra Nairobi (Kenya) e Lusaka (Zambia), città dove ha avviato case di accoglienza per bambini e bambine di strada (si chiamano Kivuli, Tone la Maji, Mthunzi…) e molte altre iniziative principalmente rivolte ai giovani, rendendoli protagonisti (come la comunità Koinonia). È cofondatore della onlus Amani, che dall’Italia sostiene la sua opera. Da giornalista, ha sempre avuto una viva attenzione alla comunicazione, dapprima come direttore di Nigrizia, quindi fondando a Nairobi la rivista New People e rendendosi presente sui mezzi di comunicazione keniani e internazionali.