L’esternalizzazione del controllo delle frontiere europee delegato al Nord-Africa, senza fermare le morti in mare, sta causando violazioni dei diritti umani, non solo in Libia. È l’allarme lanciato da Oxfam, con il rapporto «Un reale interesse comune», che fotografa le conseguenze della gestione del fenomeno migratorio in due Paesi, come Tunisia e Marocco, dove respingimenti arbitrari e fenomeni di discriminazione sistematica nei confronti dei migranti sono all’ordine del giorno.
I primi a pagare un prezzo altissimo, secondo la Ong, sono le fasce più vulnerabili della popolazione di Tunisia e Marocco, insieme a migliaia di persone in fuga da Paesi come Siria, Eritrea, Sudan, Costa D’Avorio e Libia, che cercano di raggiungere l’Europa.
«Negli ultimi anni, le politiche europee di cooperazione con i Paesi del Nord Africa si sono dimenticate della tutela dei diritti umani dei migranti, finanziando soprattutto il controllo delle frontiere marittime e terrestri attraverso un uso improprio delle risorse del Trust Fund dell’Ue per l’Africa e accordi bilaterali, come quello tra Italia e Tunisia – ha dichiarato Paolo Pezzati, policy advisor per la crisi migratoria di Oxfam Italia -. Un approccio che continua a sostenere una gestione miope del fenomeno migratorio con i soldi dei contribuenti italiani ed europei. Tutto sulla pelle dei più deboli, dimenticando che lo sviluppo economico e sociale va di pari passo con la mobilità umana».
L’organizzazione denuncia come al momento la chiusura de facto delle frontiere Marocco-Algeria e Tunisia-Libia, insieme ai respingimenti dalle enclave spagnole di Ceuta e Melilla, hanno fatto diminuire il numero di persone che attraversano il Mediterraneo da Marocco e Tunisia verso l’Europa in termini assoluti, ma ciò avviene in piena violazione dei diritti dei migranti.
Il rapporto fotografa anche l’inadeguatezza dei sistemi di asilo e accoglienza di entrambi i Paesi nord-africani, che politiche europee, pur esse inadeguate, non hanno contribuito a rendere rispettosi dei diritti e di una vita dignitosa dei migranti. «Continuano infatti a verificarsi respingimenti arbitrari e spesso violenti in Algeria o Mauritania da parte delle autorità marocchine verso persone vulnerabili come donne incinte e bambini; mentre in Tunisia le normative in vigore impediscono ai migranti irregolari di chiedere asilo, con il rifiuto di consentire loro l’accesso ad avvocati e interpreti».
«L’Italia – aggiunge Pezzati – perseguendo unicamente obiettivi di politica interna, continua a non tener conto del rispetto dei diritti umani dei migranti che arrivano in Tunisia. Dopo le recenti visite dei ministri Lamorgese e Di Maio, prosegue a finanziare il rafforzamento del sistema di controllo delle frontiere marittime. Tuttavia non sono state ancora rese pubbliche le cifre, anche se da indiscrezioni si parla di circa 10 milioni di euro per il 2020 diretti alle autorità tunisine».
Soldi che, secondo il dirigente di Oxfam, «invece potrebbero essere destinati alla creazione di canali di migrazione sicuri, in un contesto in cui solo dall’inizio dell’anno su oltre 26.600 arrivi in Italia, 11 mila ha riguardato cittadini di nazionalità tunisina, il cui destino sarà il rimpatrio. Il tutto, mentre si sono moltiplicati casi in cui le stesse autorità tunisine si sono rifiutate di soccorrere barconi provenienti dalla Libia nelle proprie acque territoriali».
«In altre parole – conclude Pezzati -, uomini, donne e bambini sono stati lasciati a morire in mare con la nostra complicità. Per questo chiediamo all’Italia di rendere pubblici i termini dei recenti accordi stipulati con Tunisi e i rispettivi impegni economici a essi collegati».
Oxfam lancia un appello urgente all’Unione europea per un deciso cambio di rotta, a partire dalle linee che saranno introdotte con la nuova riforma su asilo e migrazione: «È necessario infatti cessare di sostenere e finanziare politiche repressive nei confronti di migliaia di persone in fuga da guerre e povertà, in molti casi dall’inferno libico».
Oxfam chiede inoltre che l’Italia collabori con i Paesi del Maghreb per promuovere il rispetto del diritto internazionale, conducendo valutazioni periodiche dell’impatto delle politiche migratorie dell’Ue sulle popolazioni più vulnerabili.
(Agi)