Nonostante la crisi sanitaria ed economica da Covid-19 crescono i livelli occupazionali nel settore domestico, ma basta leggere i dati con un po’ di attenzione per capire che si tratta di una “bolla”. Nel 2020 colf, assistenti di anziani e disabili e baby sitter regolarmente assunte dalle famiglie potrebbero superare quota 1 milione di addetti, con un incremento tra le 200 e le 300 mila unità rispetto al 2019, anno in cui l’Inps ha censito circa 850 mila domestici in regola, di cui oltre il 70% di origine immigrata e in maggioranza donne (in Italia lavorano in quest’ambito oltre 2 occupate straniere su 5). È quanto emerge da uno studio di Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico, integrato con i dati del Dossier Statistico Immigrazione 2020, curato dal Centro Studi e Ricerche Idos, presentato oggi.
Ad incidere sui livelli occupazionali sarebbe stata soprattutto la procedura di emersione disposta dall’articolo 103 del Dl ‘Rilancio’, che ha portato a far emergere 176.848 domande di cittadini non comunitari solo in ambito domestico, ovvero l’85% del totale delle domande presentate al ministero dell’Interno. Non solo: una parte sembra averla avuta anche il Covid. Le limitazioni imposte dal lockdown e anche il cosiddetto “buono baby sitter” hanno evidentemente convinto molte famiglie a regolarizzare la posizione di colf e tate precedentemente ingaggiate informalmente. Il picco si è registrato nei mesi di settembre e ottobre 2020, con rispettivamente 15.700 e 34 mila nuovi posti di lavoro. Nel dettaglio, lo studio mette in evidenza come l’andamento del mercato occupazionale del settore domestico sia dipeso dalle misure adottate dal Governo.
A marzo scorso, in pieno lockdown, in controtendenza con quello che avveniva in tutti gli altri settori, nel comparto domestico si registrava un boom nelle assunzioni, circa 20 mila, con un incremento del 40% rispetto all’anno precedente. Non tutti nuovi posti di lavoro ma principalmente emersione di quelli in nero: colf, badanti e baby sitter che dovendosi spostare per ‘comprovate esigenze di lavoro’ rischiavano di denunciare la propria condizione irregolare nelle autocertificazioni. Una tendenza che si è interrotta tra aprile e maggio 2020, quando ad aumentare sono state, invece, le cessazioni. Secondo i calcoli di Assindatcolf, nel solo mese di maggio i licenziamenti sono stati oltre 44 mila, con un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente. Tra le motivazioni, il ritardo con cui l’Esecutivo ha approvato, sempre nel Dl Rilancio, l’indennità da 1000 euro di sostegno al reddito per i domestici, inizialmente rimasti esclusi dalla cassa integrazione disposta dal Dl ‘Cura Italia’: una misura parziale, poiché destinata solo ai non conviventi con rapporti di lavoro oltre le 10 ore di lavoro settimanali, percepita da 213 mila domestici.
«Dalle nostre stime – dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf – risulta che a fine 2020 il settore avrà in forza circa 1 milione 150 mila unità, che potrebbero diventare 1,5 milioni se venissero introdotti incentivi fiscali all’assunzione. Abbiamo, infatti, calcolato che con la totale deduzione del costo del lavoro domestico potrebbero emergere dall’irregolarità ulteriori 350 mila lavoratori oggi ‘in nero’ tra italiani, comunitari e stranieri. Una misura necessaria anche per mantenere in ‘chiaro’ i 180 mila rapporti di lavoro di cittadini extra comunitari che stanno emergendo per effetto della sanatoria e che, al contrario, rischiano di tornare presto invisibili come avvenuto nel 2012».
«Senza interventi strutturali nelle politiche di inserimento occupazionale degli immigrati, provvedimenti limitati e una tantum come le regolarizzazioni – afferma Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos – rischiano di rivelarsi come temporanee misure-tampone, insufficienti a modificare le condizioni di precarietà che caratterizzano purtroppo una parte rilevante di questo comparto, soprattutto di quella straniera. Allentare il rigido vincolo tra contratto di lavoro e regolarità dello status giuridico dello straniero, ripristinare gli ingressi per ricerca lavoro sotto sponsor e adottare un meccanismo di regolarizzazione continuativa caso per caso, basata su criteri premiali, eviterebbe la produzione di sacche di sommerso ingestibili, a vantaggio di una politica più giusta e trasparente per tutti».