In Somalia, le elezioni si stanno trasformando in un enigma. La Somalia ha un complesso sistema elettorale. Sono i principali clan a indicare i rappresentanti in parlamento che, a loro volta, eleggono il presidente. Le elezioni parlamentari, inizialmente previste per novembre 2020, erano successivamente state posticipate al mese di dicembre, per poi essere rimandate a data da destinarsi. Quelle presidenziali, previste per febbraio 2021, potranno subire lo stesso futuro di quelle parlamentari.
Nelle scorse settimane c’è stata forte polemica per la gestione centralizzata del processo elettorale. Opposizione e regioni autonome accusano il presidente Mohamed Abdullahi Mohamed, detto Farmajo, di voler controllare il voto per assicurarsi la rielezione. Sono quindi aumentate le tensioni con i partiti dell’opposizione, che chiedono a gran voce nuove riforme e una sostanziale rivisitazione della composizione della Commissione elettorale, giudicata incapace di organizzare delle elezioni libere e trasparenti. Inoltre i quattordici candidati alle elezioni presidenziali hanno chiesto le dimissioni del capo dell’intelligence, Fahad Yasin, accusandolo di pesanti interferenze nelle elezioni.
A questo si aggiungono le tensioni nel Ghedo, regione amministrativa dell’Jubaland, e del Somaliland. Ghedo è infatti uno dei due luoghi dello Stato dell’Oltregiuba in cui si terranno le selezioni dei candidati parlamentari, ma al momento attuale il presidente, Ahmed Madobe, si rifiuta di tenere le elezioni fino a quando le forze federative governative somale – dislocate per controllare il vicino confine keniota – rimarranno nel suo territorio. Anche nell’autoproclamato Stato del Somaliland, che si trova nel nord della Somalia e non è stato formalmente riconosciuto a livello internazionale, le tensioni si infiammano. Il portavoce della Camera Alta somala, Abdi Hashi, ha accusato il presidente somalo Mohamed Abdullahi Mohamed di essere sceso a compromessi con i parlamentari del Somaliland, in cambio del loro sostegno politico.
In questo contesto sono state come benzina sul fuoco le parole di premier del governo somalo Mohamed Hussein Roble che ha aveva annunciato l’intenzione di proseguire nell’organizzazione delle elezioni come previsto.
A queste dichiarazioni ha riposto propri Madobe che ha chiesto un rinvio del voto e l’apertura di un dialogo nazionale al quale dovrebbero partecipare oltre agli esponenti del governo anche i membri dell’opposizione e i rappresentanti deglle regioni autonome. Madobe ha insistito sul fatto che i leader dell’opposizione e la leadership di Jubaland e Puntland desiderano avere un dialogo con le autorità federali, mediato dal presidente di Galmadug, Ahmed Abdi Kariye (alias Qor-Qor).
Secondo Madobe queste elezioni, organizzate senza alcun confronto, porterebbero al caos e metterebbero a repentaglio i progressi ottenuti con fatica in passato, compresi gli sforzi per la sicurezza e la ricostruzione dello Stato.
Madobe ha chiesto al presidente Farmajo di mostrare saggezza e leadership anteponendo gli interessi del paese al suo tornaconto personale. Ha quindi ha esortato Villa Somalia, la sede del governo federale, a convocare un dialogo nazionale sulla risoluzione dell’attuale crisi pre-elettorale. Secondo lui, la mancanza di dialogo farebbe precipitare il Paese in un’altra crisi che potrebbe richiedere diversi anni per essere risolta.
(Enrico Casale)