La Save Valley Conservancy è una delle aree di conservazione faunistica più ampie al mondo, che è stata in grado di contrastare l’offensiva dei bracconieri, responsabili della decimazione della popolazione di rinoceronti neri. Ma la sfida della conservazione è ancora attuale e aperta.
di Gianni Bauce
Il lowveld e’ una regione dello Zimbabwe sud-orientale caratterizzata da una boscaglia di mopane (Colophospermum mopane) che cresce fitta su un terreno sabbioso e alcalino sul quale cadono meno di 500 mm di pioggia ogni anno. Tra la distesa di mopane, spuntano qua’ e la’ babobab dai tronchi grotteschi, acacie dalle lunghe spine acuminate per difendersi dagli erbivori, combretum dai semi alati e marula dai dolci frutti. In questa regione parca di risorse, la fauna selvatica si e’ ben adattata, creando nel passato, un vero e proprio paradiso faunistico. Non e’ certo una terra adatta, invece, all’agricoltura, eppure, nel secolo scorso, ha ospitato enormi ranch per l’allevamento del bestiame domestico, che hanno fatto la fortuna dell’allora Rhodesia. Ma se per l’economia, i ranch del Lowveld rappresentarono uno straordinario motore, gli allevatori del ‘900 non portarono invece un contributo positivo all’ambiente della regione: i predatori costituivano una minaccia per il bestiame e vennero perciò sterminati: uguale sorte tocco’ agli erbivori selvatici perché rappresentavano una sgradita concorrenza per i bovini domestici ed i bufali erano pericolosi potenziali portatori dell’afta epizoica, la terribile peste bovina che recava il nome di “Rinder pest”.
Un disastro ecologico che non fece scalpore soltanto perché la fauna in Africa australe era ancora abbondante ed i campanelli d’allarme non erano ancora suonati. Tuttavia, alla fine del XX secolo, qualcosa cambio’. Tra il 1992 ed il 1993, lo Zimbabwe venne colpito da una delle più pesanti siccità della storia, che mise in ginocchio tutte le attività agricole, incluso l’allevamento del bestiame. Perfino il Barone Von Liebig (quello del famoso “dado Liebig”), che possedeva nel Matabeleland meridionale il ranch più esteso di tutto il continente – e che aveva venduto carne a tutti gli eserciti di entrambi i conflitti mondiali -, si trovo’ in difficoltà economiche.
Da ranch d’allevamento ad aree di conservazione
Contemporaneamente, nel nord del paese, lungo la valle del fiume Zambesi, le forze di sicurezza del neonato Zimbabwe stavano soccombendo all’offensiva dei bracconieri Zambiani, che nell’arco di un decennio avevano decimato la popolazione di rinoceronti neri della valle, una delle ultime rimaste al mondo. Nonostante l’enorme sforzo dei nostri ranger e gli aiuti economici internazionali in supporto ad una delle più audaci operazioni paramilitari di conservazione della storia, i rinoceronti neri della valle continuavano a cadere sotto i colpi degli AK47 dei cacciatori di frodo, che nottetempo, dallo Zambia, attraversavano il fiume e compivano le loro micidiali scorribande lungo un fronte troppo vasto per poter essere difeso. L’Autorithy per i Parchi Nazionali inizio’ a pensare ad una soluzione alternativa alla difesa armata dei rinoceronti della valle e l’idea di ricollocare i rinoceronti superstiti in un’area del paese meglio protetta e difendibile, inizio’ a prendere forma. Cosi’, a meta’ degli anni ’90 il Governo propose ad alcuni allevatori del Lowveld, lungo il fiume Save, e ad altri nel Matabeleland meridionale di ospitare i rinoceronti neri superstiti e trasformare i loro ranch da allevamenti di bestiame in aree di conservazione e caccia al trofeo: il Lowveld era stato per secoli un ambiente ideale per i rinoceronti ed avrebbe potuto tornare ad esserlo.
Nasce la Save Valley Conservancy
Una proposta audace, perché gli allevatori di bestiame erano tra i più acerrimi nemici della fauna selvatica, tuttavia, la contingente crisi del settore agricolo, insieme al sovvenzionamento milionario dell’operazione da parte di un fondo Britannico, furono due catalizzatori eccezionali ed il progetto decollo’. Nel 1994, i primi venti rinoceronti neri della valle vennero trasferiti nel ranch di Humani, di proprietà della famiglia Withall ed altri vennero collocati in ranch adiacenti, ponendo le basi per la creazione di quella che in breve tempo sarebbe divenuta una della aree private di conservazione più vaste del mondo: la Save Valley Conservancy.
Il miracolo di questa trasformazione impossibile non si fondò soltanto sulla crisi economica del settore. Lo stesso Roger Withall (purtroppo recentemente scomparso a causa del COVID, nel Gennaio 2021), appassionato cacciatore ed amante della fauna, aveva coltivato da tempo il sogno di trasformare una parte delle sue proprietà in una riserva di caccia e conservazione della fauna selvatica e questo sogno inizio’ a tramutarsi in realtà.
A distanza di 25 anni, la Save Valley Conservancy (SVC) è oggi una delle aree di conservazione più prospere dello Zimbabwe, sapientemente amministrata ed efficacemente difesa dal bracconaggio. Nonostante la vicinanza con le aree rurali di Chiredzi e Chipinge, gli amministratori della SVC hanno saputo bilanciare il rapporto con le comunità agricole (che vedono nella fauna selvatica nient’altro che una minaccia per i loro miseri raccolti), creando inclusione e partecipazione, nonché gestito efficacemente la protezione della fauna e dell’ambiente, ritrovandosi nel 2020 con un surplus di elefanti, leoni e addirittura licaoni, e, soprattutto, una popolazione di rinoceronti neri pari a 150 esemplari, considerata una tra le più vitali del pianeta. Anche il tasso di mortalità a causa del bracconaggio e’, nella Save’ Valley uno dei più bassi del paese, grazie alla buona gestione ed efficace addestramento delle unita’ antibracconaggio.
La caccia al trofeo
La Conservancy e’ oggi costitiuta da un discreto numero di proprietà, la cui attività principale e’ rappresentata per la quasi totalita’ dalla caccia sportiva al trofeo, gestita a livello familiare da cacciatori professionisti. Questo, per molti, puo’ apparire un paradosso: come può la caccia convivere con la conservazione della fauna selvatica? Ebbene, non solo la caccia al trofeo (fortemente regolamentata dalle leggi nazionali e dalla convenzione CITES, e assolutamente da non confondere con il bracconaggio) può convivere con la conservazione, ma di quest’ultima e’ anche uno dei principali mezzi di sostentamento.
Nel Medio Evo europeo si soleva affermare che “la fauna abbonda dove il cacciatore caccia” e questa frase trova un senso nella dimensione medievale della caccia: riserve per i signorotti locali in cui l’ambiente e gli animali venivano curati, custoditi e protetti con eccellente zelo per garantire il divertimento dei nobili. Da qui il termine anglosassone “game” che oltre a significare “gioco”, sta anche ad indicare la “fauna selvatica”.
Nelle proprietà dei Signori medievali, la fauna prosperava e molti bracconieri dell’epoca perdettero fior di organi importanti, come punizione per aver violato i confini di una o dell’altra riserva. Il tributo in vite animali pagato era di gran lunga ininfluente sull’equilibrio ecologico della riserva ed oggi avremmo affermato, con proprietà di linguaggio, che quel tipo di caccia era “sostenibile”.
Non c’è solo l’allarme bracconaggio
Qualcosa di molto simile accade oggi con le moderne riserve di caccia: i cacciatori professionisti mantengono il livello ecologico delle loro concessioni al massimo livello, per assicurare che la materia prima del loro business – la fauna selvatica – sia in perfetto stato e abbondante. In un’epoca in cui la popolazione umana ha occupato ogni spazio utile e si e’ appropriata di ogni risorsa, il pericolo maggiore per la sopravvivenza di molte specie animali non e’ il bracconaggio, bensì la riduzione dell’habitat e, soprattutto in Africa, dove le discutibili politiche di ridistribuzione della terra nel recente passato hanno distribuito terreni infertili in aree poco produttive, come quella del Lowveld, trasformando, in molte regioni, l’agricoltura da intensiva ad estensiva, cioè un’agricoltura che utilizza ampie porzioni di territorio per ottenere un basso risultato anziche’ un’elevata produttività da limitati appezzamenti. Questo ha scatenato un’insaziabile avidità di terreno che viene sottratto alla fauna selvatica e le riserve di caccia sono rimaste ormai l’ultimo baluardo contro una simile dissennata razzia di territorio.
Il dibattito sulla caccia resta comunque acceso e, nonostante io non sia un sostenitore di questo sport e gli animali preferisca vederli vivi piuttosto che impagliati, non posso negare l’utilità indiscutibile di questo business: le leggi che lo regolano sono ferree (almeno qui in Zimbabwe) e le convenzioni internazionali (come il CITES) vigilano costantemente ed in modo inflessibile. In Zimbabwe, per esempio, la quota di abbattimento annua di elefanti concessa dal CITES ai cacciatori sportivi e’ inferiore allo 0,7% della popolazione, che conta più di 80.000 esemplari. Il rovescio della medaglia e’ rappresentato dal fatto che i trofei più ambiti sono quelli più maestosi e ciò comporta un rischio di impoverimento genetico delle specie.
Possibili alternative alla caccia al trofeo
Ecco perché, durante l’ultimo decennio, mi sono impegnato, attraverso i miei safari, a promuovere il turismo fotografico nel Lowveld, una delle poche alternative alla caccia al trofeo. La caccia sportiva, infatti, a causa dei mutamenti culturali nelle società più evolute, e’ soggetta ad un costante declino e nell’arco di un secolo e’ probabilmente destinata a sparire del tutto. Ma e’ anche importante ricordare che, oggi, ogni cacciatore professionista che abbandona il suo business perché divenuto improduttivo, abbandona un’area di conservazione che verrà invasa dalle comunità locali, abusata, depauperata e resa un deserto nel giro di una stagione, senza più fauna ne’ alberi.
E’ impellente, quindi, trovare al più presto soluzioni alternative alla caccia al trofeo e la Save’ Valley Conservancy e’ fortemente impegnata su questa strada.
Proprio alcune settimane fa, con mia grande sorpresa e lusinga, il Presidente della SVC, Robin Buckaert, mi ha proposto di diventare l’ambasciatore della Conservancy in Italia, per promuovere le iniziative di conservazione e raccogliere sostegno economico per gli ambiziosi progetti in corso. E cosi’ eccomi qua’, a raccontarvi di ciò che succede nel Lowveld in un periodo drammatico, in cui il turismo e’ stato violentemente azzerato e, con esso, tutte le risorse economiche per la conservazione, pubbliche e private. Nonostante questo, la SVC si e’ lanciata in programmi ambiziosi, che si affiancano alla normale amministrazione quotidiana di un’area immensa, zeppa di fauna ed assediata da mille rischi.
Proprio nei giorni scorsi, attraverso i social, abbiamo seguito da vicino le peripezie del giovane rinoceronte nero 1436, seriamente ferito all’inguine da un maschio adulto e nel mio nuovo ruolo di rappresentante italiano della SVC ho avuto l’onore di raccogliere la partecipazione di alcuni donatori che hanno contribuito al supporto economico delle operazioni di salvataggio di questo prezioso animale.
Nuove sfide per il futuro
All’orizzonte, nella valle del fiume Save, si affacciano grandi sfide, come, per esempio, quella della traslocazione in massa di interi branchi di elefanti dalla conservancy verso aree in cui l’elefante e’ scomparso o ridotto a pochi esemplari. Questo progetto si prefigge non solo di ripopolare tali aree, ma anche di alleviare la pressione degli elefanti sull’ambiente della SVC, dovuta alla sovrappopolazione. Gli elefanti, infatti, se confinati in spazi ristretti, provocano enormi danni all’habitat, e un tempo, questa gestione del surplus veniva attuata attraverso il culling, lo sfoltimento selettivo che prevedeva l’abbattimento di interi branchi, dai più anziani ai cuccioli più piccoli. Oggi, SVC si ripropone di ridurre progressivamente questa macabra pratica, ricorrendo all’antico naturale metodo della migrazione: quando la popolazione raggiunge livelli troppo elevati per la disponibilita’ di risorse dell’ambiente, una parte di essa migra alla ricerca di nuove risorse. E se oggi gli antichi corridoi migratori di questi pachidermi sono interrotti da aree coltivate e centri urbani, SVC darà loro un passaggio!
Il progetto, infatti, prevede il trasporto di interi branchi dal Lowveld ad aree come Chizarira o l’area transfrontaliera di ZIMOZ, tra Zimbabwe e Mozambico ed e’ condotto in collaborazione con la AWMC di Mike e Nicholas La Grange, una delle poche compagnie di traslocazione di animali selvatici in Africa capace di spostare interi branchi di elefanti. Il progetto si unisce a quello della traslocazione di leoni e licaoni in eccesso, anch’essi destinati a ripopolare aree in cui le due specie sono scomparse.
L’apporto ecologico di operazioni di questo tipo e’ immenso, perché la sovrabbondanza di alcune specie, se da un lato denota una buona gestione dell’ecosistema, dall’altro deve fare i conti con i limiti di capacita’ di sostentamento ecologico delle aree. Nella SVC, tanto per citare un esempio che spiega in maniera emblematica le implicazioni di una popolazione ben al di sopra della soglia ecologica, i ghepardi si sono ridotti a soli 15 esemplari a causa dell’eccessiva concorrenza dei leoni.
La conservazione e’ una sfida enorme e complessa e soltanto la visione e l’impegno di uomini eccezionali possono darci la speranza di vincerla, ma servono anche enormi risorse economiche. La Save Valley ha gia’ vinto una volta, contro ogni previsione, una sfida impossibile, convertendo i suoi ranch in aree di conservazione e credo che ci siano le condizioni per vincere ancora, ma serve anche il vostro aiuto. Personalmente, nel Lowveld e non solo, ho trovato uomini eccezionali, ed il mio compito, ora, e’ di stimolare il lato eccezionale di tutti voi per farvi partecipare ad uno dei progetti più ambiziosi che la vita può riservarci: conservare intatto un pezzo del patrimonio naturale del pianeta per il futuro dei nostri figli. Vi aspetto a bordo!
(Gianni Bauce)
L’autore dell’articolo, esperto di fauna africana, è l’accompagnatore del nostro viaggio in Zimbabwe. Leggi il programma!
Per saperne di piu’ su caccia al trofeo, conservancy, corridoi migratori e conservazione:
“All’ombra dell’albero delle salsicce”, di G. Bauce
“Anti-poaching”, di G. Bauce
Per contattare Gianni Bauce, approfondire e supportare i progetti di conservazione della SVC: giannibauce66@gmail.com
Foto di apertura: Expert Africa