Gbagbo verso il ritorno in Costa d’Avorio, la lettura di Mario Giro

di Valentina Milani

In Costa d’Avorio è scattata l’ora della riconciliazione nazionale? Africa Rivista ha chiesto il parere di Mario Giro, docente di relazioni internazionali, esperto d’Africa, già viceministro degli Affari esteri, membro della Comunità di Sant’Egidio.

Intervista a cura di Céline Camoin

Africa – L’assoluzione di Laurent Gbagbo e di Charles Blé Goudé ha, naturalmente, suscitato reazioni contrastanti: grande soddisfazione per i sostenitori che hanno visto trionfare la verità, delusione per una parte dell’opinione (tra cui Amnesty International), soprattutto dal punto di vista delle vittime che si sentono tradite. Ma una parola spicca dall’altro ieri: riconciliazione.  Dal Suo punto di vista, Mario Giro, alla luce anche delle personalità, dei caratteri, dei “faraoni” della scena politica ivoriana tuttora protagonisti, la decisione del 31 marzo può segnare la svolta tanto attesa verso la riconciliazione, o al contrario, ravvivare rancori, desideri di vendetta?

Mario Giro – I rancori ci sono ancora e la riconciliazione non è mai stata fatta dopo la fine della crisi violenta e della guerra nel 2010. Si pensa in effetti che questa decisione possa favorire la riconciliazione. L’unico momento ufficiale importante, efficace,  di riconciliazione tra nord e sud che abbia avuto qualche impatto dall’inizio della crisi fu il Forum per la riconciliazione organizzato proprio dal presidente in carica Gbagbo nel 2001, che fece tornare nel paese e reincontrarsi tutti i leader ivoriani, da Alassane Ouattara a Henri Konan Bédié e anche al generale Robert Guéi. Fu un momento significativo, al quale partecipai, che però durò poco. Penso che ci sia ancora una grande esigenza di riconciliazione in tutta la Costa d’Avorio. Quanto alla decisione della Camera d’appello era attesa, ormai si sapeva. Ora Gbagbo rientrerà presto in Costa d’Avorio e quindi è possibile che si possano fare altri passi avanti. Purtroppo la recente morte del primo ministro Hamed Bakayoko rende le cose più difficili perché lui era veramente l’uomo adatto a condurre il processo di riconciliazione: un uomo originario del nord ma che aveva sempre mantenuto buoni rapporti con il sud ed anche con lo stesso Gbagbo.

AfricaSe Gbagbo e Blé Goudé sono stati assolti dalla Cpi, chi è colpevole per le violenze post-elettorali del 2010-2011? Violenze che causarono circa 3.000 morti, numerosi stupri, oltre a sfollamenti di popolazione e altre conseguenze umanitarie…

Mario Giro – Tutti. È stata una crisi che ha coinvolto tutti, tutti sono responsabili e ne sono consapevoli. Non si doveva andare fino alla violenza, non si doveva provocare la rottura profonda del paese. La crisi ivoriana è iniziata con il concetto di “ivoirité” (ivorianità) che ha portato il Paese a dividersi sulla base di categorie etnico-razziali. Questo ha avvelenato tutto il paese, un paese che sotto Houphouë-Boigny si presentava come quello della pace e della fraternità. Improvvisamente da fratelli ci si è scoperti stranieri e nemici. Questo è stato anche uno dei portati del periodo della globalizzazione che ha fatto leva sulle identità, vere e presunte, provocando il caos.

Africa – Oltre agli schieramenti rivali – filo Gbagbo e filo Ouattara – in scena c’erano anche forze francesi e forze delle Nazioni Unite. Può ricordarci il ruolo che ebbero Parigi e l’Onuci all’epoca dei fatti?

Mario Giro – Questo è accaduto dopo, con la guerra e i vari tentativi di pacificazione come Lomé, Marcoussis e poi Ouagadougou. Come al solito quando esiste un’operazione delle Nazioni Unite viene sempre criticata, ma bisogna dire che senza di loro la situazione sarebbe stata peggiore. La missione delle Nazioni Unite, come in altri scenari, è stata di interposizione. In generale l’interposizione non piace alle parti che si affrontano, perché le ostacola nelle loro scelte militari. Ma è proprio questa la sua funzione. Per quanto riguarda la Francia la questione è diversa: c’è un lungo rapporto storico tra la Costa d’Avorio e la Francia, che difficilmente noi italiani possiamo capire. Si tratta di una relazione storica ma anche emozionale, particolare che gli altri europei non comprendono appieno.

AfricaLei ha seguito, come osservatore, il processo presso la Cpi? quale idea si è fatta in tutti questi anni?

Mario Giro – L’ho seguito sui media. Si sapeva fin dall’inizio che la Corte avrebbe avuto difficoltà a raggiungere dei risultati perché si tratta di una corte giudiziaria e non di un’entità politica come spesso presentata erroneamente dai media. Deve riuscire a provare fatti precisi con prove inconfutabili ed è molto difficile in una situazione di guerra avere tutte le testimonianze o i fatti precisi in una situazione confusa, a meno che non ci siano grandi stragi e situazioni simili a un genocidio. Non è stato il caso della Costa d’Avorio anche perché ha avuto circa 6 mila morti: una guerra ma non certo paragonabile, ad esempio, alla guerra in Repubblica Democratica del Congo dove si contano 5 milioni di morti.

Africa – Sebbene la Cpi sia una Corte internazionale ‘super partes’, non fa l’unanimità tra la comunità internazionale. Secondo Lei esce rafforzata o indebolita da questo verdetto in appello?

Mario Giro – La può anche rafforzare. Il difetto della Cpi è che si occupa solo di Africa. È vero che in Africa ci sono molti conflitti ma non ce ne sono soltanto nel continente. Non c’era tale intenzione ma la Corte ha dato l’impressione di volersi occuparsi soltanto di Africa e questo ne ha ridimensionato l’autorevolezza.

AfricaLei conosce personalmente il presidente Gbagbo. Cosa ci può dire dell’uomo, dello statista, del leader politico che è?

Mario Giro – È stato un leader democratico africano, socialista, che ha combattuto per i diritti umani e per la democrazia durante tutto il periodo di Houphouët-Boigny, anche quando era in clandestinità. Ha subito l’esilio in Francia. È un professore di storia, un uomo che ha studiato, un abile politico. Poi c’è stato questo periodo controverso degli anni 2000 in cui il Paese si è diviso in due. Questo naturalmente ha cambiato un po’ tutti, anche Gbagbo e la sua politica. Adesso, credo che si apra una terza fase, diversa dalle due precedenti, in cui si spera che la riconciliazione sia il leitmotiv generale della politica ivoriana. La sfida è passare alla generazione successiva, perché ormai i leader di ogni tendenza sono tutti anziani.

Africa Non ci saranno ostacoli al suo ritorno in patria?

Mario GiroNon ci saranno ostacoli.

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