Domani, 25 aprile, ricorre il World Malaria Day, la giornata internazionale istituita dall’Oms dedicata alla prevenzione di questa malattia, che nel 2019 ha colpito 229 milioni di persone nel mondo e in Africa rimane la prima causa di morte.
Ed è proprio di questi giorni la notizia che un nuovo vaccino contro la malaria, sviluppato da ricercatori dell’Università di Oxford e scienziati del Burkina Faso e ancora in fase di sperimentazione, si sta dimostrando efficace al 77% contro la malattia. Si tratta di una percentuale molto alta, in particolare se paragonata a quella del vaccino attualmente in somministrazione. Lo studio, pubblicato su Lancet, ha coinvolto 450 bambini del Burkina Faso e ora passerà a sperimentazioni su larga scala. Nella prossima sperimentazione verranno reclutati più di 4.800 bambini di età inferiore a tre anni, anche in Mali, Kenya e Tanzania.
E nel frattempo cosa si fa? Ci si affida al vaccino attualmente in uso, Mosquirix, messo a punto da GlaxoSmithKline dopo una ricerca trentennale, e che ha un’efficacia ben più bassa: meno del 40 per cento. Un dato che l’Oms presenta comunque come un successo ma che ha degli aspetti controversi.
Un articolo, pubblicato dalla rivista accademica americana Science a fine 2019, oltre a sottolineare l’efficacia limitata, delineava varie preoccupazioni relative alla sua sicurezza: era stata riscontrata una possibile correlazione tra il vaccino e un rischio maggiore di contrarre la meningite. Mosquirix è stato somministrato a circa 650.000 bambini in Malawi, Ghana e Kenya attraverso un programma pilota avviato dall’Oms due anni fa. L’obiettivo era raggiungere ogni anno 120 mila bambini tra i 5 e i 24 mesi d’età, nel triennio 2019-2022. Per completare il ciclo della vaccinazione sono necessarie quattro dosi.
Fred Osei-Sarpong, responsabile vaccinazioni presso l’ufficio Oms in Ghana, ritienecomunque molto importante, arrivati a questa fase della sperimentazione, andare avanti col progetto nonostante le complicazioni determinate dalla pandemia da covid-19 insorta nel frattempo: «La sfida ora è vedere come somministrare le quattro dosi ai bambini. In Ghana, disponiamo di un registro delle vaccinazioni per garantire che ogni bambino che riceve una prima dose abbia anche le tre iniezioni successive».
Indipendentemente dalla valutazione dei dati (per l’Oms la percentuale di efficacia del 40% è positiva, per altri è insufficiente e sbilanciata rispetto agli effetti collaterali possibili) la carta vaccino rimane infatti fondamentale, rilevano gli esperti. I protozoi parassiti responsabili della malattia (appartenenti al genere Plasmodium) hanno iniziato a sviluppare una preoccupante resistenza ai farmaci e, in questo scenario, una prevenzione efficace e destinata soprattutto ai soggetti più esposti, ossia bambini piccoli e neonati, rappresenterebbe la vera svolta. Le aspettative verso il nuovo prodotto messo a punto tra Oxford e Burkina sono comprensibilmente alte.
In attesa che lo strumento si perfezioni e mentre la distribuzione continua, gli esperti raccomandano di puntare su una strategia diversificata, che tenga conto anche delle opportunità offerte dalla tecnologia e coinvolga attivamente la popolazione. In Tanzania, per esempio, oltre alla distribuzione capillare e incentivata delle classiche zanzariere e degli spray antizanzare, è stata sviluppata e messa in uso una app per mobile, ribattezzata Coconut Surveillance, che permette di individuare e segnalare rapidamente situazioni a rischio.
Si tratta di un software gratuito e open source progettato proprio per l’eliminazione della malaria. Include un sistema sms interattivo per la notifica dei casi, un’applicazione mobile progettata per guidare gli operatori e un’altra di analisi per i gestori dei programmi di sorveglianza e risposta. Il sistema richiede complessivamente una tecnologia minima, adattabile ai requisiti e alle condizioni locali. I cosiddetti ufficiali di sorveglianza, che sono in prevalenza donne, hanno imparato a usarlo rapidamente. Grazie alle loro segnalazioni, gli operatori sanitari intervengono nelle aree affette e, mentre parte la disinfestazione, somministrano i test, raccolgono i dati e li tramettono alle unità superiori.
(Stefania Ragusa)