Centrafrica: così le mine segnano un Paese fuori controllo

di Valentina Milani

L’incidente che ha visto ieri mattina un’auto della Congregazione dei Preti del Sacro Cuore di Gesù, guidata da padre Arialdo Urbani, saltare su una mina nella provincia occidentale di Nana-Mambéré, in Repubblica Centrafricana, causando la morte certa di un passeggero, riporta l’attenzione sulla problematica relativa agli ordigni antiuomo nel Paese.

Secondo le informazioni fornite dal Landmine and Cluster Munition Monitor (Monitoraggio delle mine e delle munizioni a grappolo) il Centrafricana, che ha firmato la Convenzione sulle munizioni a grappolo il 3 dicembre 2008, si è impegnata a ratificare la convenzione, ma non ha ancora intrapreso il processo. Il Paese ha partecipato alle riunioni della convenzione, ma non dal 2014. Il Landmine and Cluster Munition Monitor precisa poi che Bangui ha presentato un primo rapporto sull’articolo 7 del trattato sulla messa al bando delle mine nel novembre 2004, ma non ha presentato alcun rapporto annuale successivo.

Come dice ad Africa Rivista Giuseppe Schiavello, direttore della Campagna Italiana contro le mine, il Paese non fornisce da anni dati aggiornati sulla situazione delle mine nel Paese rendendo difficile il monitoraggio della problematica. Ovviamente la questione è legata a doppio filo al costante stato di instabilità attraversato dal Centrafrica negli ultimi dieci anni con un governo centrale tuttora debole e incapace di controllare il territorio. Riguardo l’incidente che ha coinvolto il missionario italiano, Schiavello dice che può essersi trattato di una mina artigianale a grappolo costruita in autonomia dalle fazioni ribelli. Un’ipotesi credibile se si pensa che la zona è infestata da gruppi armati.

Secondo fonti locali i ribelli della Coalition des Patriotes pour le Changement (Cpc) da tempo piazzano infatti mine ed ordigni improvvisati lungo la strada tra Niem e Kolo, quella dove è saltata la vettura dei missionari. E la zona è generalmente interessata dalla presenza di gruppi ribelli, tra i quali figura quello delle 3R. La coalizione di eserciti centrafricano, russo e ruandese è infatti operativa nella zona nel tentativo di liberare villaggi assediati dalle fazioni.

Pertanto, anche se il Centrafrica, come fa sapere il Landmine and Cluster Munition Monitor, ha riferito di non aver prodotto, esportato o importato mine antiuomo, anche a scopo di addestramento, e non è noto che le abbia mai usate, è evidente che ordigni fabbricati artigianalmente circolino in alcune zone del Paese.

Infatti, diversi tipi di mine, tra cui le mine antiveicolo M19 e TC/6 e le mine antiuomo NR442, sono state fotografate da ricercatori di Human Rights Watch (Hrw) e da un giornalista di France24 nel febbraio 2014 tra le armi sequestrate ai gruppi armati dalle forze francesi vicino a Mpoko. Inoltre, le mine a frammentazione NR442 di fabbricazione belga e i contenitori per le spolette a pressione per le mine appaiono in una foto rilasciata dal ministero della Difesa francese nel febbraio 2014. Queste mine sono state distrutte dagli esperti di smaltimento di ordigni esplosivi della missione di pace francese nell’ambito dell’operazione Sangaris, fa sapere l’ente di monitoraggio.

Come ha raccontato una voce dal Centrafrica alla Rivista Africa, l’accaduto di ieri è infatti il terzo causato in poco tempo da mine su strada: il primo ha interessato un commerciante, il secondo un camion russo della coalizione Wagner e il terzo la congregazione.

(Valentina Giulia Milani)

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