In un anno, il numero di migranti sbarcati in Italia è praticamente triplicato, da 60mila nel 2013 a 165 mila a fine ottobre del 2014. (Reuters)
Lasciando cadere Mare Nostrum, l’Europa ha voltato le spalle alla più grande operazione umanitaria lanciata nel Mediterraneo, che ha permesso di soccorrere oltre 150mila persone. Con Triton, la priorità torna ad essere il controllo delle frontiere. Reportage dalle banchine di Pozzallo.
La fregata Aliseo è attraccata al porto di Pozzallo di primo mattino. È inizio ottobre e l’operazione Mare Nostrum ha ormai i giorni contati. A poppa – stipati uno di fianco all’altro – ci sono 435 migranti, di cui otto donne e un bambino. Provengono per lo più dall’Africa subsahariana. Sono salpati una settimana fa dalle coste libiche: tre giorni su un’imbarcazione di fortuna e quattro a bordo di una delle 32 navi che la Marina Italiana ha impiegato per Mare Nostrum.
Lanciata nell’ottobre del 2013, l’operazione Mare Nostrum ha permesso di soccorrere oltre 150mila migranti nel Mediterraneo, di cui circa 18mila …
«Viaggiavano su tre gommoni ed erano fermi a 70 miglia dalle spiagge libiche, nelle acque internazionali. La prima cosa che abbiamo fatto è stata calmarli, perché anche un piccolo movimento può essere fatale. Uno dei gommoni aveva acqua a bordo; siamo arrivati giusto in tempo», afferma Mario Giancarlo Lauria, capitano della fregata Aliseo.
Per oltre un anno, l’Italia è andata soccorrere i migranti nel Mediterraneo e ha cercato invano la solidarietà dell’Unione europea. Questa ha risposto con il lancio di Triton, un’operazione incentrata sul pattugliamento delle frontiere e sulla lotta ai trafficanti. Posta sotto l’egida di Frontex, Triton vede finora la partecipazione di 15 Stati europei, tra cui la Svizzera, per un budget mensile di 2,9 milioni di euro, un terzo in meno rispetto all’operazione italiana Mare Nostrum. Dal 1° novembre, ricerca e salvataggio non sono più la priorità.
«Mare Nostrum era una missione umanitaria e militare, che non ha nulla a che vedere con Triton. L’obiettivo di Frontex è assicurarsi che nessuno entri nel territorio europeo senza essere scoperto. È chiaro che in caso di rischio di naufragio, i migranti saranno tratti in salvo come previsto dal diritto internazionale, ma questo non è lo scopo di Triton», afferma la portavoce dell’agenzia europea Frontex, Izabella Cooper.
Anche per questo Triton resterà a 30 miglia marittime dalle coste italiane, mentre Mare Nostrum si spingeva quasi fino alla Libia, dove sono stati rintracciati i 435 migranti sbarcati a Pozzallo.
Volti senza nome – La nave è ferma ormai da ore quando i primi giovani africani iniziano a scendere, in piccoli gruppi di quattro o cinque. I carabinieri scattano una foto segnaletica: un volto e un braccialetto a quattro cifre, per una sorta d’identità provvisoria. Mentre un primo gruppo viene trasferito direttamente a Messina – ad oltre 200 km da Pozzallo – gli altri si dirigono sotto la tenda di Medici senza frontiere (MSF) per i primi controlli sanitari.
Le condizioni d’arrivo dipendono molto dal viaggio e dalla regione di provenienza, ci spiega Chiara Montaldo che da un anno dirige la squadra di MSF nella cittadina siciliana. «In generale i subsahariani sono quelli che stanno meglio, anche se hanno attraversato il mare in condizioni peggiori perché hanno meno risorse economiche. Sono per lo più giovani uomini e quindi si riprendono più in fretta dalla fatica della traversata».
Poi ci sono siriani. «Di norma, possono permettersi imbarcazioni migliori e trascorrono meno tempo in mare. Ma a differenza dei subsahariani, tra di loro ci sono anche anziani, con patologie croniche come il diabete o l’ipertensione, e bambini che hanno interrotto le vaccinazioni a causa della guerra».
Il terzo gruppo è quello degli eritrei, che assieme ai siriani rappresenta quasi la metà dei migranti. «Portano i segni di violenze psicologiche e fisiche. Tanti sono stati stuprati – uomini inclusi – e torturati, in Eritrea e in Libia ».
Pozzallo, città di sbarchi – Cittadina a vocazione turistica, dal lancio dell’operazione Mare Nostrum Pozzallo è diventata uno dei principali punti di sbarco. Un fenomeno che ha dato vita a moti di solidarietà, ma anche a qualche reazione di intolleranza.
«Stiamo pagando un prezzo molto alto per essere una città accogliente e solidale. Abbiamo registrato un calo del turismo questa estate perché la gente ha paura di incontrare i migranti e i cadaveri che galleggiano nel molo. Ma non è così», afferma il sindaco Luigi Ammatuna.
Nel centro di Pozzallo, è vero, non si vedono profughi, per lo meno in questi primi giorni di ottobre. Gli ultimi arrivati sono rinchiusi nel centro, in attesa di essere trasferiti altrove. Non possono uscire e nemmeno scambiare due parole con chi è dall’altra parte del cancello. «Non è la volontà del comune, è la prassi», si difende Ammatuna.
L’emergenza profughi ha però creato anche un nuovo business nella regione, grazie all’apertura dei centri di accoglienza e alla presenza di personale umanitario.
Il sindaco ha comunque chiesto una compensazione a Roma per rilanciare turisticamente questa cittadina siciliana. «Avvertiamo una certa lontananza delle istituzioni italiane. L’Europa non si è mai interessata della questione migratoria e ha lasciato sola l’Italia, che di riflesso ha abbandonato noi, che siamo al fronte». (…) Clicca sul link per leggere il seguito * Stefania Summermatter – Swissinfo