La Fondation Zinsou di Cotonou, una delle prime realtà africane a essersi impegnata per rendere accessibile l’arte contemporanea africana a chi vive nel continente, compie questo mese 16 anni. Moltissimi tweet d’auguri sono stati inviati alla sua fondatrice, la storica dell’arte franco beninese Marie Cécile Zinsou, figlia dell’economista e politico Lionel Zinsou.
Oggi esistono in Africa molte realtà (musei, fiere, gallerie…) impegnate a promuovere e valorizzare in Africa l’arte contemporanea del continente. Sedici anni fa la situazione era molto diversa. Mentre in Europa cresceva l’attenzione verso l’arte contemporanea africana, intesa tanto come fonte di ispirazione quanto come opportunità di investimento, nel continente le occasioni per avvicinarsi alla produzione artistica e creativa africana rimanevano rarissime. Sia perché la maggior parte delle opere si trovava fisicamente altrove, sia per la scarsa partecipazione dei locali. L’accesso ai musei restava insostenibile per buona parte della popolazione dal punto di vista economico e da quello logistico.
In questo scenario Marie Cécile Zinsou prende una decisione rivoluzionaria per l’epoca: aprire a Cotonou uno spazio dedicato all’arte contemporanea ad accesso libero, in grado di proporre mostre di alto livello e di facilitare le visite scolastiche e la partecipazione dei più giovani ad eventi formativi e creativi.
La Fondation Zinsou apre ufficialmente i battenti a giugno del 2005, proponendo l’esposizione delle opere di uno dei più interessanti e oggi quotati artisti del Benin, Romuald Hazoumé. A quella prima mostra ne seguono altre: una, in collaborazione con il museo francese di Quai Branly, dedicata al re Abomean, di cui ricorreva il centenario della morte; una sul fotografo maliano Malick Sidibé; un’altra su Basquiat…
In 16 anni di vita la Fondation ha realizzato quasi 40 mostre e costruito un’importante collezione personale, ospitata presso il Museo Ouidah. In questa sede è allestita l’ultima mostra in corso: Gros Câlin di Jérémy Demester, che propone una ventina di opere dell’artista franco-beninese dedicate alla sua percezione del Vodoun.
Soprattuto però la Fondazione ha immaginato e proposto, in particolare ai più giovani, una serie di occasioni di apprendimento creativo, a partire dal Petit Pinceaux, laboratorio per bambini attivo dal 2005, finalizzato a far capire l’arte mettendola in pratica. Un’altra iniziativa pedagogica è stata quella denominata Autobus culturale: un bus attrezzato per portare esposizioni e laboratori nelle zone più svantaggiate, accorciando le distanze anche sul piano fisico.
Oggi la Fondazione organizza anche residenze per artisti e, grazie alle nuove tecnologie, è riuscita a creare nuove opportunità di contatto, come per esempio l’applicazione gratuita Wakpon – Il museo fa il muro. Ovunque si trovino nel mondo, l’applicazione WAakpon pconsente agli utenti di scoprire dieci artisti contemporanei che compongono la collezione del Museo di Ouidah.
(Stefania Ragusa)