La scommessa del Made in Camerun

di claudia

Promuovere il Made in Camerun, lanciando sul mercato e portando l’attenzione sui prodotti locali. È questo l’obiettivo di Gaelle Laura Zambou Kenfack, imprenditrice camerunense, tornata in Africa dopo dieci anni passati in Germania come consulente. Come lei, altri giovani hanno seguito l’esempio della pioniera e stanno investendo nella produzione sul posto. Non mancano insidie e problematiche finanziarie da risolvere. Ma un primo passo è stato fatto

di Angelo Ravasi

Un azzardo, una scommessa piena di incognite, eppure Gaelle Laura Zambou Kenfack (foto di apertura) l’ha vinta. Questa donna camerunense, 38 anni, dopo dieci anni trascorsi in Germania come consulente della Bmw, decide di far rientro nel suo Paese. Nella testa un progetto ambizioso: creare il Made in Camerun. Un azzardo, appunto, visto come vanno le cose in molti Paesi africani dove i “marchi” preferiti sono, invece, quelli che arrivano dall’estero, perché giudicati più affidali, più alla moda, mentre ciò che viene dall’interno dei Paesi è visto sempre con un po’ di sospetto e diffidenza. Per Zambou, invece, l’obiettivo è dare forma e dignità a ciò che il Paese produce, a ciò che gli stessi camerunensi, soprattutto donne, producono con passione e competenza. Così nel 2016 fa ritorno in Camerun e fonda un’azienda specializzata nella produzione, lavorazione e distribuzione di prodotti locali.

Una scommessa azzardata che, tuttavia, ha avuto successo. Come lei, infatti, molti imprenditori stanno scommettendo sul “Made in Camerun” (Mic). Un progetto, appunto, lanciato cinque anni fa per sostenere la produzione e il consumo locale, in questo Paese dell’Africa centrale abitato da 25 milioni di persone, ma ancora molto dipendente dai prodotti che arrivano dall’estero e con un’economia duramente colpita dalla pandemia di coronavirus, come molti altri in Africa. Il Made in Camerun – a differenza di altri comparti economici – è riuscito a resistere all’impatto negativo della pandemia, tanto che nel mese di marzo di quest’anno nel parcheggio antistante il Gicam – Groupenent inter-patronal du Camerun – a Duala è stato allestito il villaggio “Made in Camerun” che contava 45 stand con 25 espositori dell’industria alimentare, 5 della cosmetica e 15 del tessile e design. Donne provenienti da varie zone del Camerun hanno così avuto l’opportunità di presentare i loro prodotti, il loro lavoro quotidiano, ma anche condividere e confrontarsi sulle difficoltà incontrate, sulle ambizioni e le aspettative sul futuro. “La crisi del covid ha permesso di svelare e scoprire donne che, nonostante le difficoltà legate alla crisi pandemica sono rimaste concentrate, resilienti e innovative”, ha sottolineato, durante uno dei tanti dibattiti il vicepresidente del Gicam, Emmanuel De Tailly. Il 54 per cento delle unità produttive, infatti, fa proprio capo a donne.

Il Made in Camerun, dunque, è ormai parte integrante dell’economia del Paese, e ha cominciato ad avere una rilevanza che all’inizio si sperava, ma che ora è diventata visibile. I negozi con il marchio Mic hanno già aperto in diverse parti del Paese. “Cinque anni fa c’era un solo negozio, ora sono 33”, spiega Carine Andela, presidente dell’Associazione degli imprenditori ingegnosi dell’Africa (Asenia). Andela ha cominciato ad allevare pesce da sola, mentre gli acquacoltori locali importavano avannotti dalla Nigeria, il suo esempio, tuttavia, ha indotto alcuni giovani a cimentarsi nella produzione sul posto.

A Biyem-Assi, un quartiere popolare di Yaoundé, l’azienda creata da Gaelle Laura Zambou Kenfack, il Kenza Market, è una delle primissime attività Mic ad avere aperto in Camerun. Spezie, frutta e verdura secca, oli vegetali per la pelle adornano gli scaffali. Uno dei prodotti di punta di questo negozio è il “sale piccante”, una miscela di sale e diverse spezie locali. “Il concetto è quello di promuovere il Made in Camerun, mettendo in evidenza i prodotti locali perché è quello che fa crescere l’economia”, spiega l’imprenditrice Zambou. Per il regolare approvvigionamento del suo negozio è in contatto con una dozzina di produttori locali dai quali acquista la materia prima. La manager, che ha anche un punto vendita a Douala capitale economica del Camerun, vuole aprire altri negozi in più parti del Paese, così da implementare la sua attività, ma anche per far conoscere a un più vasto pubblico il Made in Camerun.

camerun mappa

Il risvolto della medaglia

Sono molti gli imprenditori che seguono l’esempio della pioniera di questo settore. Samuel Safo Tchoffo – ex ingegnere del settore petrolifero – ha creato la sua azienda per la sgusciatura dei semi di zucca e l’ha impianta a Montée Juovence, un altro quartiere popolare di Yaoundé. “Ci sono voluti 27 anni di ricerche per arrivare a costruire questo impianto di sgusciatura”, spiega. La sua unità produttiva è costituita da 11 macchine assemblate per convogliare, sgusciare e smistare il seme di zucca, quindi pressarlo per estrarre l’olio. “Le macchine sono interamente realizzate in Camerun e abbiamo deciso di farlo non solo per produrre il loco, ma anche mostrare ai giovani che si può fare, che ci possono provare anche loro”. L’olio prodotto da Tchoffo ha delle buone proprietà ed è molto apprezzato dai camerunensi.

Ma non sono tutte rose e fiori. Anche in una vicenda imprenditoriale di successo vi è un risvolto della medaglia. E si tratta, manco a dirlo, di problemi che riguardano l’aspetto finanziario e lo scarso sostegno da parte della politica. Per la consulente di gestione del Mic, Edith Laure Pokam, il Made in Camerun soffre ancora di gravi handicap. “Molti consumatori – spiega – sono disposti ad acquistare ciò che viene prodotto in loco, ma hanno ancora dubbi sulla qualità”, si tende, spesso, a privilegiare i prodotti di importazione. L’altro ostacolo è il prezzo. “I promotori del Mic non sono ancora in grado di competere con i prodotti che arrivano dall’estero”, sottolinea la Pokam. Non appaia un paradosso, ma spesso sui mercati africani costano meno i pomodori che arrivano dall’Europa di quelli coltivati in loco.

Il Made in Camerun ha sicuramente un futuro ma deve superare problemi strutturali come quello dei finanziamenti per l’acquisto dei macchinari e l’acquisizione delle materie prime. Le banche nutrono ancora troppe diffidenze nei confronti di questi imprenditori. Problema, tuttavia, che potrebbe essere risolto dalla politica. I dignitari al governo dei vari Paesi usano ancora le importazioni come strumento per arricchirsi, invece che agevolare e sostenere l’iniziativa privata interna che, davvero, potrebbe essere il motore per un’economia più inclusiva e attenta al benessere delle popolazioni.  Il Made in Camerun è, comunque, un primo passo significativo.

(Angelo Ravasi)

Condividi

Altre letture correlate: