I pescatori di Lamu contestano la sentenza della Corte internazionale di giustizia sul confine tra Kenya e Somalia nell’Oceano Indiano, annunciando che continueranno a operare nella ricca zona di pesca del distretto di Kiunga e invitando il governo di Nairobi a rigettare il verdetto già respinto dal presidente Uhuru Kenyatta. Il Tribunale dell’Aia ha stabilito che non è in vigore “alcun confine marittimo concordato” tra Kenya e Somalia e ha tracciato una nuova linea di frontiera equidistante dai tracciati rivendicati dai due Paesi, privando Nairobi di un’area importante delle acque ritenute ricche di gas e petrolio, e di risorse ittiche.
Parlando oggi alla stampa, il vicepresidente di Save Lamu, Ishaq Abubakar, ha esortato il governo a non accettare la cessione di terreno, esprimendo timori per le oltre 50.000 famiglie che vivono grazie alla pesca. “Le nostre zone di pesca, che da decenni garantiscono sostegno a molte famiglie di Lamu, sono ora minacciate “, ha affermato Abubakar, precisando che “l’80% del pescato della contea proviene dall’area contesa”.
Preoccupazione è stata espressa anche dal Presidente della rete che gestisce le spiagge di Lamu, Somo Mohammed Somo: “Non solo l’80% dell’economia di Lamu dipende dalla blue economy, ma il 65% delle ricche zone di pesca di Lamu si trova proprio nelle acque marittime contese dell’area di Kiunga”. Da parte sua, il Commissario della contea di Lamu, Irungu Macharia, ha invitato alla calma, sostenendo che a prescindere dal verdetto della Corte, le attività continueranno a svolgersi come avvenuto finora: “I pescatori possono rallegrarsi del fatto che il governo nazionale non cederà in nessun caso le sue acque territoriali alla Somalia”.
Il presidente Kenyatta ha infatti dichiarato che “il Kenya respinge completamente la decisione” della corte, ricordando che Nairobi non ne riconosce il potere giurisdizionale: “I tribunali internazionali hanno giurisdizione solo con il consenso di uno Stato. Il Kenya quindi chiede alla comunità internazionale di creare un ambiente favorevole alla ricerca di una soluzione negoziata. Questa decisione è, viste le circostanze, un gioco a somma zero, che metterà a dura prova i rapporti tra i due Paesi”.
Posizione opposta a quella espressa dal presidente somalo Mohamed Abdullahi Mohamed Farmajo subito dopo la lettura del verdetto. “Il governo federale della Somalia accetta la decisione della Corte e si augura che il governo keniota rispetti la supremazia del diritto internazionale”, ha detto il leader somalo, invitando Nairobi a “considerare la decisione della Corte come un’opportunità per rafforzare le relazioni tra i due Paesi e la cooperazione tra i due popoli”.
La Somalia aveva portato la vicenda all’attenzione della Corte dell’Aia nel 2014, dopo il fallimento di negoziati diretti. La disputa è nata da posizioni contrastanti sulla linea di confine da tracciare nell’Oceano Indiano: Mogadiscio riteneva che dovesse correre a sud-est, seguendo il confine terrestre, mentre Nairobi sosteneva che dovesse correre in linea retta verso est, lungo una linea latitudinale. Ieri la Corte ha respinto entrambe le proposte, tracciando quella che ha definito una “linea provvisoria”, che cade circa a metà dei tracciati rivendicati dai due Paesi.
Per il presidente del Kenya Marine Forum, Mohammed Athman, la disputa è stata innescata dagli interessi “di alcuni investitori che stanno cercando di compromettere le relazioni dei due Paesi a causa dei blocchi di petrolio e gas che sono al centro di questa contesa”. Già nel 2019 il Kenya aveva richiamato il proprio ambasciatore a Mogadiscio dopo che la Somalia aveva lanciato gare per la concessione di licenze di estrazione di petrolio e gas proprio nell’area contesa.
Secondo Kenyatta, che oggi sarà ricevuto alla Casa Bianca dal presidente Joe Biden, la sentenza della Corte rischia ora non solo di “mettere a dura prova” i rapporti già tesi con la Somalia, ma anche di “aggravare la situazione di pace e sicurezza nella fragile regione del Corno d’Africa”.
(Simona Salvi)