Il ministro nigeriano dell’informazione e della cultura, Lai Mohammed, ha negato il fatto che si sia verificato un “massacro” al casello di Lekki il 20 ottobre 2020. Mohammed, durante una conferenza stampa tenuta ieri ad Abuja, ha anche descritto il rapporto emesso a riguardo come falso descrivendo il contenuto del documento “racconti al chiaro di luna”.
Il rapporto al quale fa riferimento il ministro è stato emesso il 15 novembre da parte di una commissione del governo. Nel documento viene riconosciuto che la violenza commessa dai militari nigeriani la notte del 20 ottobre 2020 per frenare le manifestazioni EndSars potrebbe essere considerata un “massacro”. Una svolta riferita da fonti di stampa locale e internazionale che ricordano che il Comitato giudiziario d’inchiesta e restituzione presso la Corte d’Arbitrato di Lagos è stato incaricato di indagare sulla sparatoria al casello di Lekki a Lagos dello scorso anno, quando le forze di sicurezza nigeriane hanno aperto il fuoco sui giovani che protestavano pacificamente contro la presunta brutalità della polizia.
Come precisano le medesime fonti, il rapporto emesso – che ha richiesto più di un anno per essere prodotto – accusa gli ufficiali dell’esercito nigeriano di aver “sparato, ferito e ucciso manifestanti disarmati, inermi e indifesi, senza provocazione o giustificazione, mentre sventolavano la bandiera nigeriana e cantavano l’inno nazionale. Le modalità di aggressione e uccisione potrebbero nel contesto essere descritte come un massacro”. La commissione ha anche scoperto che “la condotta dell’esercito nigeriano è stata esacerbata dal suo rifiuto di permettere alle ambulanze di prestare assistenza medica alle vittime che la richiedevano”.
Il rapporto della commissione sottolinea e fa ripetutamente riferimento a precedenti rapporti della Cnn che l’anno scorso ha utilizzato le indicazioni temporali, i dati video e la geolocalizzazione per analizzare ore di video girati dai manifestanti. L’indagine della Cnn aveva evidenziato come l’esercito nigeriano avesse sparato proiettili vivi sulla folla al casello di Lekki, uccidendo e ferendo diverse persone. Molti testimoni avevano anche detto alla Cnn l’anno scorso che alle ambulanze era stato impedito di entrare nel sito per aiutare i manifestanti feriti.
Nonostante l’abbondanza di prove video, il governo nigeriano ha a lungo negato che i manifestanti fossero stati colpiti, ricorda Cnn. Il mese scorso, nell’anniversario di un anno della sparatoria, il ministro dell’informazione nigeriano Alhaji Lai Mohammed ha descritto l’incidente come un “massacro fantasma” e ha continuato a respingere l’indagine della Cnn come fake news.
Il governatore di Lagos Babajide Sanwo-Olu ha detto che il governo dello Stato di Lagos intende “costituire un comitato per rivedere il documento e creare un libro bianco”.
Prima dei sanguinosi eventi al casello di Lekki l’anno scorso, i manifestanti avevano preso parte a proteste quotidiane in tutta la Nigeria per quasi due settimane per le diffuse denunce di rapimenti, molestie ed estorsioni da parte di un’unità di polizia conosciuta come la Squadra speciale antirapina (Sars). La sparatoria del 20 ottobre avrebbe infine messo a tacere il nascente movimento di protesta giovanile della Nigeria, noto come #EndSars.
La commissione d’inchiesta è stata inizialmente istituita nell’ottobre 2020 dal governo dello stato di Lagos per esaminare i casi di presunta brutalità della polizia – e l’ormai sciolta Squadra speciale antirapina – e successivamente incaricata di indagare sull’incidente del casello.
Il rapporto della commissione accusa inoltre i tentativi di copertura da parte della polizia. “Gli agenti di polizia hanno anche cercato di coprire le loro azioni raccogliendo i proiettili”, dice il rapporto. Accusa anche le autorità nigeriane di aver manomesso i filmati delle telecamere a circuito chiuso e di aver rimosso i corpi dei morti dalla scena.
Il rapporto raccomanda che tutti i membri dell’esercito nigeriano, ad eccezione di un generale maggiore, che sono stati schierati al casello di Lekki, affrontino “un’adeguata azione disciplinare e siano privati del loro status”, prima di essere licenziati.
(Valentina Giulia Milani)