Addio a Desmond Tutu, icona anti-apartheid

di Marco Trovato

E’ morto a Città del Capo all’età di 90 anni l’arcivescovo anglicano sudafricano Desmond Tutu, icona della lotta non violenta contro l’apartheid, premio Nobel per la pace nel 1984 e protagonista della riconciliazione nazionale. Tutu era malato da mesi e non parlava più in pubblico, ma salutava ancora i giornalisti e sorrideva alle telecamere, in sedie a rotelle, era andato in ospedale a vaccinarsi.    

“Uomo di straordinario intelletto, integrità e invincibilità contro le forze dell’apartheid”, lo ha ricordato il presidente del Paese, Cyril Ramaphosa, “è stato anche tenero e vulnerabile nella compassione per chi aveva sofferto l’ingiustizia e la violenza sotto la segregazione e per gli oppressi e gli emarginati di tutto il mondo”.    Amico dell’eroe del Sudafrica, Nelson Mandela, Tutu si  oppose all’apartheid lottando al suo fianco. Negli anni successivi si era impegnato per la riconciliazione del Paese: fu lui infatti a ideare e presiedere la Commissione per la Verità e la Riconciliazione (Trc), il tribunale con 17 giurati istituito nel 1995. L’inchiesta sulle atrocità del regime segregazionista si chiuse tre anni più tardi e segnò un doloroso e drammatico processo di pacificazione fra le due parti della società sudafricana. A quanti confessarono i propri crimini, offrendo una sorta di riparazione morale ai familiari delle vittime, fu accordato il perdono.

L’amnistia fu concessa a 849 persone e negata a 5392.    In una delle tante audizioni seguite in tv da tantissimi sudafricani, scoppiò in lacrime dopo aver sentito la testimonianza di un ex detenuto politico subite quest’uomo da parte della polizia che lo aveva appeso per i piedi con la testa chiusa in un sacco.     Alcune prese di posizione dell’arcivescovo furono contestate dai suoi superiori, come per esempio quella in difesa degli omosessuali (“Non potrei venerare un Dio omofobo”, disse), quella per il diritto all’aborto o quella più recente sul diritto al suicidio assistito. Anche la Cina lo ha criticato per aver difeso il Dalai Lama.    “Quando parla Tutu il mondo ascolta e la gente ne parla”, aveva osservato alcuni anni fa Sean Davison della Ong Dignity SA, impegnata per il diritto al suicidio assistito.

Tutu con l’amico Nelson Mandela (morto il 5 dicembre 2013)

Tutu è sempre stato considerato un uomo di fede, ma anche di parole, in grado di veicolare i suoi valori e le sue indignazioni. “Siate gentili con i bianchi, hanno bisogno di voi per riscoprire la propia umanità”, disse nell’ottobre 1984, nel momento peggiore dell’apartheid.    Pochi mesi dopo, in un discorso in cui chiedeva sanzioni contro il suo Paese, affermò: “Per l’amore di Dio, ci sentiranno i bianchi? Sentiranno ciò che cerchiamo di dire loro? L’unica cosa che chiediamo è che ci riconoscano anche a noi come esseri umani, perché quando ci feriscono sanguiniamo e quando ci fanno il solletico ridiamo”. Per Ramaphosa, la morte di Tutu è “un altro capitolo del lutto per l’addio della nostra nazione a una generazione di eccezionali sudafricani che ci hanno lasciato in eredità un Sudafrica liberato”. Il prelato, continua il capo dello Stato sudafricano, è stato “un leader spirituale iconico, un attivista anti-apartheid e un paladino dei diritti umani a livello globale”, un “uomo di straordinario intelletto, integrità e invincibilità contro le forze dell’Apartheid, tenero e vulnerabile nella compassione per chi aveva sofferto l’oppressione, l’ingiustizia e la violenza sotto la segregazione e per gli oppressi e gli emarginati di tutto il mondo”.    

La nazionale sudafricana di cricket è scesa in campo con il lutto al braccio nella prima partita del Test contro l’India, disputata al SuperSport Park di Centurion. Le due squadre hanno anche osservato un minuto di silenzio.    La “forza dell’eredità di pace” di Demsond Tutu è stata sottolineata dalla Comunità di Sant’Egidio che in un comunicato ha ricordato con affetto l’arcivescovo morto a Città del Capo. “Noto in tutto il mondo per il suo impegno non violento contro l’apartheid e la sua testimonianza di incessante impegno per la pace, la riconciliazione e la giustizia in Africa”, si legge nella nota, “Tutu è stato per lunghi anni amico della Comunità, con cui ha condiviso in tante occasioni momenti di preghiera e battaglie per la pace e il futuro dell’Africa”.

Il 26 maggio del 1988 aveva inaugurato la ‘Tenda di Abramo’, la prima casa della Comunità dedicata ai profughi”, sottolinea il comunicato di Sant’Egidio, “tappa di un lungo legame di amicizia, fatto di impegno comune per la pace, la salute, i diritti umani, la lotta contro la pena di morte”. “‘Quando a Natale vi vede con i poveri a pranzo, nella basilica di Santa Maria in Trastevere, Dio sorride’, disse l’arcivescovo Tutu nel corso di una sua visita a Roma. Ci è dolce ricordare queste sue parole, proprio mentre la Comunità accoglie tanti poveri in ogni parte del mondo, consapevoli della forza dell’eredità di pace che egli ci lascia”.

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