La forte instabilità sociopolitica caratterizza tuttora la vita di milioni di cittadini africani, portando il numero di sfollati interni per conflitti a 21,8 milioni di persone nell’Africa subsahariana. A mettere in luce il dato è il Rapporto sulle migrazioni 2021 elaborato dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) nel quale viene precisato che la crescita demografica, gli stress ambientali e l’aumento di tensioni interetniche e di movimenti jihadisti sono all’origine dei flussi migratori intra-africani e verso l’Europa.
di Valentina Giulia Milani
Dal report si evince infatti che la rotta del Mediterraneo occidentale ha registrato una riduzione degli attraversamenti del 28 per cento alla fine del 2020 rispetto al 2019 e una successiva risalita di attraversamenti irregolari nel 2021. Si sono registrati significativi aumenti anche per i flussi irregolari lungo la rotta atlantica: nel 2020 gli attraversamenti verso le isole Canarie (Spagna) sono infatti cresciuti di otto volte rispetto all’anno precedente.
Numerosi gli scenari di instabilità che spingono le persone a spostarsi, ricorda Ismu. Nell’Africa subsahariana, gli scontri tra le milizie del Tigray e il governo centrale etiope, scoppiati nel 2020, si sono protratti durante il 2021. Tali fatti – ricorda Ismu – hanno generato una vera crisi umanitaria con oltre 1 milione 600 mila sfollati nei primi cinque mesi del 2021 secondo i dati dell‘Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha) e l’aumento delle insicurezze alimentari.
La minaccia terrorista, inoltre, si conferma come una delle cause strutturali delle migrazioni forzate in Africa. Come riferisce Ismu, i gruppi armati jihadisti sono presenti in quasi tutte le macroregioni africane: da Boko Haram in Nigeria, Camerun e Niger e ad al-Shabaab in Somalia e Kenya, si aggiungono movimenti jihadisti in Burkina Faso e in Mozambico, Paesi che fino a pochi anni fa non erano stati lambiti dalla minaccia jihadista. Nel contempo, si è consolidata la presenza jihadista in Mali e più in generale nella zona del Sahel, che diventa sempre più strategica per quanto riguarda l’emigrazione.
Guardando invece ai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, è necessario esaminare, secondo Ismu, le situazioni di crisi vissute dalla Libia e dalla Tunisia. La situazione in Libia – si legge nel rapporto – continua a porre grandi sfide alla governance migratoria e all’incolumità degli stessi migranti a dieci anni dalla caduta di Gheddafi. Nonostante i progressi registrati a seguito del cessate il fuoco nel tardo 2020, continua la tragedia umanitaria di coloro che tentano la traversata irregolare e la stabilità provvisoria non ha rafforzato, per il momento, una reale governance libica in materia di migrazione.
Nel rapporto viene analizzata anche la situazione della Tunisia dove la crisi politica scoppiata a luglio 2021 in pieno periodo di pandemia si aggiunge a quella economica e sanitaria. Il presidente tunisino Kais Saied ha formalmente sollevato il primo ministro dal suo incarico e sospeso le attività parlamentari.
La crescente instabilità politica della Tunisia non può passare inosservata secondo Ismu, poiché quel territorio rappresenta un importante punto di partenza dei migranti irregolari verso l’Europa, in particolare verso l’Italia. Secondo i dati del Viminale, infatti, ancor prima che il caso politico esplodesse, dalla Tunisia arrivava circa il 36 per cento degli irregolari registrati tra agosto 2020 e luglio 2021, tra i quali la nazionalità più rappresentata era proprio quella dei tunisini (29 per cento). Nel report si avverte che l‘accentuarsi della crisi di questo Paese potrebbe rafforzare le partenze irregolari, mettendo a dura prova i recenti sforzi di cooperazione tra Ue, Italia e autorità tunisine sulla gestione dei flussi, viene sottolineato nel rapporto.
Alla luce delle conseguenze della pandemia, un dato che può invece sorprendere riguarda le rimesse verso l’Africa: secondo la Banca Mondiale (2021), alla fine del 2020 le rimesse verso l’Africa sub-sahariana sono diminuite solo del 2,3 per cento e quelle della regione “Medio Oriente e del Nord Africa” sono aumentate del 2.3 per cento, il che dimostra una grande resilienza dei trasferimenti finanziari dei migranti.
Come riferisce Ismu, si potrebbe ricercare una possibile ragione di tale aumento nell’emersione di molti flussi di denaro attraverso canali ufficiali di money transfer, venendo meno la possibilità di portare di persona il denaro in contanti nei propri paesi di origine a causa delle restrizioni ai movimenti imposti dalle misure anti-Covid in tutto il mondo.