Angola, celebrazioni e considerazioni a 20 anni dalla pace

di claudia
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Migliaia di angolani si sono riuniti ieri nella capitale, Luanda, per celebrare i 20 anni dalla fine della guerra civile. Molti politici, tra cui il presidente João Lourenço, hanno partecipato a una celebrazione eucaristica. L’evento ha riunito politici sia del governo che dell’opposizione. Il 4 aprile 2002, il governo angolano e il principale partito di opposizione Unita misero fine a 27 anni di guerra, con la firma degli accordi di pace e riconciliazione nazionale.

La firma dell’accordo del 2002 fu preceduta da diversi negoziati e intese preliminari, tra cui l’accordo di Bicesse firmato in Portogallo il 31 maggio 1991, e il protocollo di Lusaka firmato il 20 novembre 1994.

L’Angola quest’anno terrà nuove elezioni presidenziali. Nei giorni scorsi Lourenço – in quello che è stato considerato un evento di significativa importanza – ha incontrato il leader dell’Unita Adalberto Costa Júnior. I due hanno discusso del prossimo appuntamento elettorale, Costa Júnior ha chiesto una maggiore imparzialità dei media pubblici e lamentato la scarsa copertura di questi ultimi rispetto alla sua formazione.

L’anniversario dei 20 anni di pace è stata occasione per fare bilanci e analisi, e questa mattina la stampa locale e internazionale abbonda di corsivi e approfondimenti. “Naturalmente, ci sono stati sviluppi politici soddisfacenti, ma sono ancora lontani da ciò che ci si aspettava, perché molte delle questioni politiche che sono presenti oggi non sono dissociate dai problemi sociali”, ha sottolineato Eugénio Costa Almeida, ricercatore del Centro di Studi Internazionali (Cei-Iul) e del Centro di Ricerca dell’Accademia Militare di Lisbona (Cinamil).

A suo parere, la risoluzione dei “problemi sociali” dell’Angola “continua ad essere un po’ al di sotto” di quello che si sperava, e ammette che “la colpa potrebbe non essere solo di chi è al potere” perché “la conflittualità è ancora presente nei discorsi dei due principali partiti” ovvero l’Mpla (al potere) e l’Unita.

Se l’evoluzione politica del Paese abbia condizionato i settori sociali ed economici durante questi 20 anni di pace, è questione aperta. “Il problema è questo: siamo spesso lasciati nel dubbio su quali siano le promesse sociali che i politici fanno. Perché sono alla base, per lo più, della mono-economia o della mono-produzione di petrolio”.

Secondo Costa Almeida, “ci sono situazioni soddisfacenti, altre no. Si costruiscono centrali, ma la fornitura di acqua ed elettricità è ancora molto inferiore alle necessità, anche perché molte delle nostre città sono ancora sovraccariche a causa della guerra civile e molti non sono tornati alle loro zone d’origine, e questo rende le città sovrappopolate e non adeguatamente preparate per le necessità”.

Più diretto è stato il noto opinionista e attivista angolano Rafael Marques, secondo cui in Angola ci sarebbe una “mentalità da saccheggio” che impedisce di fatto lo sviluppo del Paese. 

Parlando all’agenzia di stampa portoghese Lusa, il giornalista e direttore del sito web Maka Angola, ha detto che gli ultimi 20 anni rappresentano soprattutto la più grande opportunità che gli angolani hanno avuto dall’indipendenza “per prendere le redini del proprio destino, per costruire uno Stato in cui il fattore umano sia rispettato, preservato e sviluppato”. Un’occasione che però non è stata colta al meglio. “Da cinque anni abbiamo un nuovo governo che cerca di combattere la corruzione, ma che mantiene le strutture che hanno portato alla ‘cattura’ dello Stato, il che significa che continua a prevalere una mentalità di saccheggio a livello dei governanti, delle famiglie dirigenti, che continuano a guardare il Paese come una fonte di ricchezza da portare all’estero, e non per costruire un cittadino migliore”.

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