Sono 39 i candidati in lizza per le elezioni presidenziali in programma domenica in Somalia. Lo ha annunciato ieri sera la Commissione parlamentare incaricata di organizzare questo voto, rinviate e attese da più di un anno. Il nuovo capo di Stato sarà nominato in una seduta comune di deputati e senatori che si riunirà all’aeroporto della capitale Mogadiscio, il luogo più sicuro di questo Paese del Corno d’Africa. Per essere eletto, un candidato deve raccogliere almeno i due terzi dei voti di deputati e senatori, ovvero 184 voti.
Il presidente uscente Mohamed Abdullahi Mohamed, noto come Farmaajo, si è candidato per la rielezione. Si presenteranno altri due ex presidenti, Hassan Cheikh Mohamoud (2012-2017) e Sharif Cheikh Ahmed (2009-2012) e l’ex premier Hassan Ali Khaire (marzo 2017-giugno 2020).
Altri candidati di spicco sono il presidente del Puntland, Said Abdullahi Dani, e l’ex ministro degli Esteri e vice primo ministro (novembre 2012-gennaio 2014), Fawzia Yusuf Adan.
Queste elezioni metteranno fine a più di un anno di crisi politica. Il mandato del presidente Farmajo, eletto nel 2017, è scaduto nel febbraio 2021. Lo scorso anno però non si è riusciti a organizzare una nuova elezione. Nell’aprile 2021 lo stesso Farmaajo ha annunciato di voler prolungare il suo mandato di due anni, innescando scontri armati a Mogadiscio. Dopo aver incaricato il suo premier, Mohamed Hussein Roble, di organizzare le elezioni, il processo elettorale è stato scandito da diversi episodi di tensione tra i due uomini politici.
Martedì, 30 partner somali hanno esortato i leader “a concludere questa fase finale del processo elettorale in modo rapido, pacifico e credibile in modo che l’attenzione possa concentrarsi sulle priorità nazionali e di costruzione dello Stato”. Tra i firmatari dell’appello Onu, Unione Europea, Unione Africana, Lega Araba, ma anche Paesi occidentali (Stati Uniti, Regno Unito, Norvegia, Francia, Italia), Paesi arabi (Qatar, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita), Russia e Turchia.
Dal 1991, anno in cui è caduto il regime del presidente Mohamed Siad Barre, la Somalia vive uno stato di profonda instabilità. Dopo il conflitto civile tra i signori della guerra, è scoppiata una rivolta guidata dalle milizie di al-Shabaab, legata alla rete di al-Qaeda. Attualmente i jihadisti controllano ancora gran parte dell’entroterra e continuano a organizzare attentati contro le forze dell’ordine e contro i reparti della missione Atmis sostenuta dalle organizzazioni internazionali.