di Ornella Ordituro – Centro studi AMIStaDeS
L’accesso e lo sfruttamento delle risorse è il tratto che accomuna i conflitti nella Repubblica Democratica del Congo (RDC); non si tratta, specificamente, solo di scontri e violenze aperte ma anche di forme più silenziose di conflitti a media e bassa intensità. A un anno dall’agguato, si considerano nuovi elementi per comprendere il difficile contesto in cui l’Italia ha pianto la morte dell’Ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo
I territori del Congo, soprattutto quelli della parte orientale, sono ricchi di minerali come il rame e l’uranio. Anche l’oro è presente in grandi quantità nelle regioni del Sud di Kivu e nell’Ituri. Ma i minerali che in particolare attirano l’attenzione di acquirenti internazionali sono il cobalto e il coltan, presenti in grandi quantità nella regione del Nord Kivu e indispensabili, come noto, per la realizzazione di batterie e strumenti tecnologici (cellulari, tablet e computer ma anche batterie). In particolare, il coltan è un materiale molto richiesto nel commercio internazionale; si tratta di una miscela di columbite e tantalite dalla cui lavorazione si ottiene una polvere metallica molto resistente al calore: il tantalio, capace di sopportare un’elevata carica elettrica. Con il progresso tecnologico e l’aumento della richiesta di apparecchi elettronici di uso quotidiano, ne è aumentata esponenzialmente la domanda, conseguentemente il prezzo e così anche l’interesse dei commercianti illegali che hanno riconosciuto la prospettiva di guadagno proveniente dall’estrazione e vendita irregolare del minerale.
Negli ultimi anni, ugualmente, la domanda di cobalto è aumentata per la crescita della produzione di veicoli alimentati a energia elettrica, soluzione green ma ancora non sufficientemente etica. Il suo valore è dovuto alle difficoltà di reperimento. L’estrazione e la vendita di questi minerali è estremamente importante per le economie locali (spesso unica fonte di guadagno); nondimeno, il governo della RDC deve affrontare importanti sfide e tutelare i territori dalle Imprese Multinazionali, per tradurre tale ricchezza mineraria in risultati di sviluppo sostenibili e una più equa distribuzione dei guadagni di produttività.
Nonostante la ricchezza delle sue risorse naturali e il suo potenziale sviluppo economico, resta uno dei paesi più poveri al mondo. Circa l’80% dei bambini e delle bambine congolesi sono coinvolti in gravi forme di sfruttamento e svolgono lavori usuranti, estraggono il cobalto in condizioni particolarmente pericolose e lavano le rocce immersi in pozze inquinate. Il 20% del minerale estratto proviene dalla parte meridionale del Paese, dove il coronavirus ha riportato nelle miniere i bambini di Kolwezi, la capitale mondiale delle terre rare. Nelle comunità del Domaine Marial, il 65% dei bambini tra gli 8 e i 12 anni lavora nelle miniere; nell’area di Kanina sono in maggioranza in età scolare, si tratta anche di bambini in una fascia di età compresa tra i 6 e gli 8 anni, che risultano particolarmente adatti ad insinuarsi negli stretti cunicoli per l’estrazione del minerale. Lavorano in condizioni estreme, per più di dodici ore, senza alcuna protezione e con salari pari a 2$ al giorno. Il rischio di ammalarsi prima e più dei loro coetanei è molto alto, così come il rischio di incidenti, anche mortali, sul lavoro, soprattutto a causa dei frequenti crolli dei tunnel nelle miniere. Sono, inoltre, numerose le segnalazioni di incidenti mortali nella ex provincia del Katanga. Tuttavia, non ci sono dati ufficiali disponibili sul numero di vittime che si verificano ma gli incidenti sono comuni. I bambini sono oggetto di maggiori soprusi e abusi da parte dei caporali e dalle guardie di sicurezza.
Le imprese multinazionali (IM) e i legami con lo Stato ospitante
La nozione compiuta e unitaria di imprese multinazionali costituisce un tema su cui bisogna porre l’attenzione, soprattutto sulla dicotomia tra unità economica e pluralità giuridica dell’impresa.
L’impresa, intesa come attività economica preordinata alla realizzazione di un profitto attraverso la produzione di beni o la fornitura di servizi, può essere definita come “multinazionale”, per una pluralità di società nazionali, sottoposte alla legge del paese di cui hanno la nazionalità di modo che non risulti sottoposta a un’unica legge regolatrice e di un unico foro competente.
Nel caso in esame, gli obblighi internazionali, derivanti dal rispetto dei diritti umani, prevedono che la tutela degli individui sia garantita dal governo della RDC sia all’interno del territorio sia nell’ambito della giurisdizione congolese. Ciò include il dovere del governo di proteggere gli individui dagli abusi da parte di terzi, comprese le IM attive sul territorio. Pertanto, lo Stato non può violare i propri obblighi di diritto internazionale generale e particolare in materia di diritti umani laddove tali abusi possono essere ad esso attribuiti per negligenza, ossia quando non ha preso le misure appropriate volte a prevenire, indagare, punire e riparare gli abusi degli attori privati nei confronti degli individui sul suo territorio.
Ci sono forti ragioni politiche perché la RDC soddisfi l’aspettativa che le imprese presenti sul territorio rispettino i diritti umani, soprattutto quando lo Stato stesso è coinvolto o sostiene tali attività.
L’urgenza di una disciplina internazionale per le IM nella RDC
Senza dubbi una disciplina internazionale che renda responsabili le imprese multinazionali è oggi sentita come particolarmente necessaria e urgente. Un’impresa multinazionale può essere molto più influente, di un micro-Stato. Questo avviene se si considera che esse portano lavoro e rappresentano una fonte di guadagno per i lavoratori locali ma allo stesso tempo possono facilmente aggirare le legislazioni nazionali, sopratutto in tema dei diritti dei lavoratori, ed eventualmente violare impunemente i diritti umani spostando le proprie sedi o subordinando il loro insediamento in uno Stato attraente perché ha leggi particolarmente favorevoli dal punto di vista, ad esempio, ambientale.
A tal proposito, il governo congolese ha recentemente messo in atto delle iniziative per uno sfruttamento più “sostenibile” da parte delle IM presenti sul territorio. Il governo controlla le aziende che a loro volta hanno l’impegno di identificare, prevenire, risolvere e rendere conto sulle violazioni dei diritti umani lungo la loro catena di fornitori, laddove la messa a disposizione delle valutazioni sui rischi per i diritti umani resta un punto fondamentale. Se un’azienda abbia favorito il lavoro sia dei minori sia degli adulti in condizioni lavorative terribili, o ne abbia tratto beneficio, è tenuta a rimediare. Ciò significa agire insieme alle altre aziende e al governo locale per impedire le peggiori forme di sfruttamento minorile e sostenere la reintegrazione dei minori nella scuola, prendersi cura della loro salute e provvedere ai loro bisogni psicologici.
Conclusioni
Nonostante si registrino alcuni passi avanti, tuttavia, resta difficile esaminare la qualità e l’efficacia dei suoi controlli. L’iniziativa si basa sulla richiesta di maggiori responsabilità da parte delle aziende per regolamentare l’estrazione e la vendita del cobalto artigianale e minerario; migliorare la sicurezza e le condizioni di lavoro e promuovere l’accesso al mercato globale per i produttori, formalizzare le operazioni; armonizzare le iniziative esistenti che lavorano su questi temi; combattere la corruzione e le violazioni dei diritti umani (soprattutto il divieto dello sfruttamento minorile) nelle comunità minerarie del cobalto; promuovere l’uguaglianza di genere; mitigare gli impatti ambientali negativi per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale delle nazioni unite e dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici entro il 2030. Le iniziative sono in linea con l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Si tratta di un programma d’azione per gli individui, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei Paesi membri dell’ONU. L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi anni: i paesi, infatti, si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030. Gli Obiettivi danno seguito ai risultati dei Millennium Development Goals e rappresentano obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti per lo sviluppo: la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico, per citarne solo alcuni. Per Obiettivi comuni s’intende che essi riguardano tutti i paesi e tutti gli individui: nessuno è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità.
Approfondimenti:
Amnesty International, 2017 Time to recharge corporate action and inaction to tackle abuses in the cobalt supply chain https://d21zrvtkxtd6ae.cloudfront.net/public/uploads/2017/11/15084720/Time-to-recharge-1411.pdf
Unicef, République Démocratique du Congo, The Multiple Indicator Cluster Survey, Rapport Final Décembre 2019, (MICS-Palu, RDC, 2017-2018) https://www.unicef.org/drcongo/media/3646 /file /COD-MICS-Palu-2018.pdf
Per aggiungersi all’appello di Amnesty per fermare il lavoro minorile nelle miniere di cobalto nella RdC: https://www.amnesty.it/appelli/ferma-lavoro-minorile-nelle-miniere-cobalto-del-congo
UNICEF en RDC 2018/UNICEF DRC in 2018 https://www.unicef.org/drcongo/media/2521/file/COD-COAR-2018.pdf
Amnesty International, Ricerca sulle miniere di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo: danni permanenti https://www.amnesty.it/ricerca-sulle-miniere-di-cobalto-nella-repubblica-democratica-del-congo-danni-permanenti