L’annuncio dello spiegamento di una forza militare regionale nell’est della Repubblica democratica del Congo (Rdc) è stato accolto con sfiducia, scetticismo e anche aperte ostilità dai cittadini delle province interessante, Nord e Sud Kivu e Ituri, che chiedono invece una riforma e il rafforzamento dell’esercito nazionale congolese.
“Vi invitiamo a rinunciarvi” ha scritto in una lettera al presidente della Rdc Tshisekedi il movimento cittadino Lucha (Lotta per il cambiamento), creato dieci anni fa a Goma, capitale del Nord Kivu: “Almeno tre dei sette Stati membri della Comunità dell’Africa orientale (Eac), Rwanda, Uganda e Burundi, sono coinvolti da più di due decenni nella destabilizzazione del nostro Paese, attraverso interventi diretti dei loro eserciti o tramite gruppi armati” spiega Lucha, che evoca anche ragioni “di sicurezza, economiche o geopolitiche”.
La stessa posizione, nei giorni scorsi, era stata resa nota dal premio Nobel per la Pace congolese Denis Mukwege, che vive e lavora a Bukavu in Sud Kivu e, in generale, sembra essere una posizione piuttosto condivisa dalle popolazioni dell’est del Congo. Eppure, l’unica opposizione della Rdc alla forza multinazionale è stata espressa dalla presidenza, che aveva fatto sapere che si opponeva alla partecipazione del Ruanda a una possibile forza regionale perché Kigali, sostenendo la ribellione dell’M23, è parte in causa di questo conflitto.
Inoltre, la scarsa efficienza della Monusco non contribuisce a far gradire alla popolazione una nuova forza multinazionale. Contro una forza militare Eac si sono espressi, oltre a Mukwege e a Lucha, anche la Chiesa francofona Ceca 20 di Bunia, la Coalizione congolese per la giustizia di transizione (Ccjt), il collettivo dei cittadini Amka Congo, ma anche molti cittadini e amministratori, oltre che funzionari pubblici come magistrati e contabili.