Algeria: gasdotto trans-sahariano, tra opportunità e sfide

di Valentina Milani

Potrebbe offrire all’Europa potenziali alternative future alle forniture russe il progetto di gasdotto trans-sahariano (Tsgp) su cui Algeria, Nigeria e Niger  hanno firmato nei giorni scorsi un memorandum d’intesa.

Un vasto progetto che prevede la creazione di un’infrastruttura che trasporterebbe miliardi di metri cubi di gas per circa 4.128 chilometri dalla Nigeria, in Africa Occidentale, a nord attraverso il Niger e fino all’Algeria. Da lì potrebbe essere pompato attraverso il gasdotto sottomarino Transmed fino all’Italia, oppure caricato su navi cisterna per l’esportazione di gas naturale liquefatto, ipotizza Le Monde.

Il ministro dell’Energia algerino Mohamed Arkab ha ospitato i suoi omologhi della Nigeria e del Niger, Timipre Sylva e Mahamane Sani, per un colloquio sul progetto, come ha riferito l’agenzia di stampa statale algerina Aps. I contenuti del memorandum d’intesa non sono stati resi noti, ma negli ultimi mesi il progetto, rimasto a lungo in sospeso, ha visto un’impennata di interesse a causa dell’aumento dei prezzi del gas in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Quando il Tsgp è stato proposto per la prima volta nel 2009 – ricorda Le Monde – il costo della sua costruzione è stato stimato in 10 miliardi di dollari. Oltre a servire i mercati europei, il gas potrebbe essere deviato per servire i mercati lungo il percorso del gasdotto o altrove nella regione del Sahel.

L’Algeria, il più grande esportatore di gas naturale dell’Africa, ha già visto aumentare la domanda in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca, con i Paesi occidentali che stanno setacciando il mondo per trovare forniture in grado di sostituire il petrolio e il gas provenienti dalla Russia. Algeri sta cercando altri modi per capitalizzare i prezzi elevati dell’energia globale.

Ma il Tsgp dovrebbe affrontare formidabili sfide logistiche e di sicurezza, attraversando migliaia di chilometri di deserto dove i gruppi jihadisti hanno condotto una lunga insurrezione. “Un gasdotto del genere sarebbe estremamente vulnerabile, non solo agli attacchi dei jihadisti ma anche delle comunità locali che si sentono sfruttate da un progetto da cui non traggono alcun beneficio”, ha dichiarato – riferisce Le Monde – Geoff D. Porter, esperto di energia della North Africa Risk Consulting.

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