Sono 19 i gruppi di difesa dei diritti umani e delle donne in Sudan che hanno chiesto l’abolizione delle condanne a morte per lapidazione e dei continui atti di brutalità che violano i diritti delle donne nel Paese. La dichiarazione firmata dai gruppi di difesa e rilasciata nei giorni scorsi a seguito di una sentenza emessa lo scorso 27 luglio, quando un tribunale sudanese della città di Kosty, nello Stato del Nilo Bianco, ha condannato a morte per lapidazione una giovane donna di 20 anni per aver presumibilmente commesso il reato di adulterio.
“Chiediamo alla comunità dei diritti umani, all’Unione Africana, alla Lega Araba e agli organismi delle Nazioni Unite di esigere che il Sudan rispetti i diritti delle donne e impedisca i continui atti di brutalità”, si legge nella dichiarazione, che prosegue: “Chiediamo che i partiti politici e le organizzazioni sudanesi conducano una revisione approfondita e una riforma delle leggi sudanesi, tra cui la legge penale e la legge sulla famiglia, aboliscano la punizione per l’adulterio e rimuovano tutte le forme disumane di punizione dal sistema legale sudanese”.
I gruppi di difesa hanno sottolineato l’urgente necessità di riformare il sistema legale e giudiziario del Sudan, affermando che il Paese continua a essere governato da un “sistema giudiziario disfunzionale”, in contraddizione con gli obblighi assunti dalle leggi internazionali sui diritti umani. “Il Sudan non ha integrato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti e del Patto internazionale sui diritti civili e politici nelle sue leggi nazionali. In particolare i diritti inderogabili, che includono il diritto alla vita, il diritto a un processo equo e la libertà dalla tortura e da trattamenti e punizioni crudeli, inumani e degradanti”, sottolineano i gruppi della società civile.
Il Sudan è ancora uno dei pochi Paesi che non ha ratificato la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e il Protocollo alla Carta africana dei diritti umani e dei popoli sui diritti delle donne in Africa (Protocollo di Maputo). La loro ratifica era stata approvata dal Consiglio dei ministri, ma il colpo di Stato militare del 25 ottobre 2022 ne ha poi bloccato il processo.