di Mariachiara Boldrini
È stata disegnata a tavolino per ospitare la popolazione in crescita demografica e ridurre la pressione sulle infrastrutture del Cairo, ma anche per fare un re-branding del “Regno” di al – Sisi. La NAC – la Nuova Capitale Amministrativa d’Egitto, non ha ancora un nome ed è ancora un cantiere nel deserto, ma ambisce ad ospitare strutture faraoniche e dovrebbe essere la prima smart city egiziana.
La soluzione al sovraffollamento del Cairo
Nel 3150 a. C. il faraone Narmer fece costruire Menfi, capitale del regno unito di Alto e Basso Egitto e nucleo primordiale di quella che oggi è il Cairo. Più di seimila anni dopo, la costruzione di una nuova capitale è ancora la strategia migliore per imporre la propria legittimità. Lo sa bene al-Sisi, il cui più grande progetto, dalla sua elezione nel 2014, è la creazione di una nuova, gigantesca città, futura capitale amministrativa del Paese.
Annunciata a marzo 2015 alla Conferenza sullo Sviluppo Economico Egiziano dall’allora ministro dell’edilizia Mostafa Madbouly, la NAC, “Nuova Capitale Amministrativa d’Egitto”, è parte del progetto “Vision 2030”, che punta ad accrescere il capitale umano, incentivare lo sviluppo economico del Paese e accelerarne la competitività nel mercato globale. L’obiettivo è quello di riavvicinare gli investitori e i capitali stranieri, ma anche far dimenticare i fatti legati alla primavera araba e porre un freno all’instabilità politica egiziana.
Secondo il Presidente al-Sisi, il Cairo non è più funzionale alle esigenze del Paese. Il traffico congestionante rende sempre più difficile mantenere la sicurezza attorno a Piazza Tahrir, dove si trovano i ministeri e le principali ambasciate e le manifestazioni contro Mubarak e lo stesso al-Sisi nella storia recente si sono moltiplicate. Effettivamente l’attuale capitale egiziana è ormai una megalopoli altamente sovrappopolata, con una popolazione di 22 milioni di persone che si prevede raddoppieranno entro il 2050.
Smart city con grattacieli da record
Situata a metà strada tra il Nilo e la città portuale di Suez, appena fuori dal secondo grande anello di Cairo Road, la nuova capitale avrà un’estensione di settecento chilometri quadrati. I lavori sarebbero dovuti finire nel 2019, ma la pandemia ha ritardato la fine delle attività cantieristiche e oggi manca ancora il nome. Nel 2021 il ministro dei trasporti l’ha chiamata semplicemente “Egitto”, secondo alcuni è “Sisi City” e sul sito di ACUD, la compagnia che supervisiona i lavori, viene chiamata “La nuova Cairo”, ma è stato indetto un concorso, i cui risultati non sono ancora stati resi noti.
Al di là della denominazione, quello che è certo è che sarà una smart city, “la città di domani”, si legge sul sito, “costruita affinché gli egiziani abbiano il diritto a perseguire un sogno”, spiegano i costruttori. Dubai e Singapore sono gli esempi a cui ispirarsi. Sistemi di monitoraggio elettronici della popolazione, quindici metri quadri di verde per ogni residente e novanta chilometri quadrati di impianti per la produzione di energia solare sono le ricette della città intelligente.
Tra le opere infrastrutturali più attese, molte sono destinate allo svago dei fortunati egiziani che avranno la possibilità di abitarla: Green River, un parco dotato di laghi artificiali lungo 35 chilometri (il doppio di Central Park), un polo tecnologico innovativo con la nuova sede dell’Università Informatica Egiziana, uno stadio da 90 mila posti e un parco divertimenti grande quattro volte Disneyland America. Altre, invece, sono infrastrutture destinate a lasciare il segno e rendere l’Egitto di al-Sisi un campione di record. La città, infatti, ospiterà il grattacielo più alto del continente, ben 385,5 metri di altezza pensati dagli architetti americani Skidmore, Owings e Merill. Primato che sarà superato, nel 2030, dall’Oblisco Capitale, un altro mega grattacielo disegnato dagli architetti egiziani di IDIA a forma di obelisco faraonico.
Il nuovo centro amministrativo egiziano
“Il Cairo rimarrà la capitale politica della Nazione per la storia che la accompagna” – precisa Khales al-Husseini, portavoce dei lavori – mentre la nuova città ne sarà una “organizzata e ben estesa estensione”, nonché “collegamento tra le autorità esecutive e quelle legislative”.
Su ispirazione di Brasilia e Abuja, la nuova megalopoli diverrà la sede amministrativa e governativa della Nazione egiziana degli anni avvenire. Ospiterà il nuovo palazzo presidenziale, grosso otto volte la Casa Bianca, i ministeri e le ambasciate straniere, ma anche la nuova sede del Parlamento, la Banca Centrale e l’ “Ottagono”, il nuovissimo quartier generale del Ministero della Difesa che vuole emulare il Pentagono e sarà il più grande complesso militare di tutto il Medio Oriente.
Duemila le istituzioni educative e 663 gli ospedali e le cliniche dedicati al welfare dei 6 milioni e mezzo di persone che avranno la possibilità di abitare la città. 650 chilometri di strade, un collegamento ferroviario col Cairo e un aeroporto di 16mila metri quadrati (più grande di Heathrow, a Londra) sito nell’attuale base aerea militare di Wadi al Jandali, collegheranno la Nuova Cairo col resto del mondo.
Un distretto finanziario dedicato agli affari in stile Wall Street sarà il nuovo centro economico del Paese. Centoventi saranno invece gli edifici adibiti al culto, come la grande moschea Al-Fattah al-Aleem inaugurata nel 2019, o la Cattedrale della Natività di Cristo, ad oggi la più grande chiesa copta mediorientale.
Una città elitaria
50mila dipendenti pubblici già vivono nella NAC, i cui lavori di costruzione non sono ancora terminati. Dal Cairo ci si aspetta una migrazione di lavoratori e una parziale soluzione ai problemi di sovraffollamento, ma i prezzi delle case della nuova capitale, troppo alti rispetto allo stipendio medio egiziano, sembrano ostacolare questa rosea prospettiva. Un bilocale in uno dei 21 distretti residenziali in costruzione – si stima – potrebbe costare fino a 50mila dollari. I 45 miliardi di dollari spesi da al -Sisi per il progetto potrebbero così rivelarsi un colossale spreco di risorse e non trovare rimedio ai problemi quotidiani dei residenti del Cairo.
In risposta alla critica di aver costruito un altro luogo elitario per esponenti del ceto ricco, il governo ha assicurato che la nuova città ospiterà anche case popolari e ha ribadito come la sua costruzione stia già generando introiti ingenti per il mercato edilizio egiziano e la creazione di nuove opportunità d’impiego nel settore edile.
La realtà è che attraverso la creazione di questo fiore nel deserto di avanguardia urbanistica il regime di al – Sisi spera di consolidare i rapporti con gli investitori stranieri (cinesi ed emiratini), ma anche col settore privato egiziano. Una delle più grandi compagnie di costruzioni egiziane, la Talaat Mustafa Group, si occuperà per esempio dell’intera costruzione di Noor city, una “città nella città” a emissioni zero pensata per diventare un modello di smart city del futuro.
L’eredità di al-Sisi
Non mancano, poi, le possibilità di guadagno del settore militare, sul cui consenso il regime si regge e che si tema possa invadere l’economia egiziana giocando un ruolo cruciale nel progetto. Il 51% di ACUD è detenuto dai militari egiziani, che hanno il compito di vendere sia le nuove unità abitative della città nascente, sia gli stabili del Cairo che rimarranno sfitti a causa dei trasferimenti, molti dei quali d’importanza cruciale perché vicino a piazza Tahrir.
Come documentato dalle regolari visite di al-Sisi ai cantieri, trasmesse pedissequamente dai media locali, di pari passo con la costruzione della città si sta costruendo una nuova immagine del Presidente egiziano, destinata a oscurare il passato così come la NAC oscurerà il Cairo. Spostare il centro di gravità dell’Egitto moderno in un’oasi artificiale e fortificata a circa 35 chilometri dallo storico centro politico del Paese sembra essere la soluzione per la permanenza del regime e il rilancio del posizionamento globale egiziano.