di Claudia Volonterio
Come si affrontano le minacce del nostro tempo quali il cambiamento climatico e la deforestazione? Un’idea semplice e dal grande potenziale è quella del giovane Lesein Mutunkei, diciottenne keniota e calciatore dilettante: piantare 11 alberi ogni volta che riesce a fare goal. Se i più celebri calciatori del mondo e la FIFA accogliessero la sua partita ambientalista, la sua idea semplice acquisirebbe una portata rivoluzionaria. Mutunkei ci crede e per questo ha fondato Trees4Goals per mobilitare i giovani atleti della sua regione affinché assumano la promessa di piantare alberi ogni volta che segnano. I primi risultati hanno già cominciato ad arrivare.
La storia di questo giovane attivista che vuole contrastare la crisi ambientale con il calcio è stata divulgata dal media CNN. Ciò che colpisce della sua battaglia non è solo l’intento lodevole, ma l’esempio che trasmette: tutti possono fare la loro parte, non importa se si comincia da una singola piantina. Proprio così ha iniziato Matunkei, che ha appreso questa tradizione dalla sua famiglia, la quale era solita fargli piantare un alberello per ogni ricorrenza importante. Ma, la sua più grande ispirazione, racconta il giovane alla CNN, è stato l’esempio del premio Nobel per la pace del Kenya Wangari Maathai che, nel 1997, ha fondato il Green Belt Movement, movimento che ha guidato le comunità keniote a piantare da allora più di 51 milioni di alberi.
L’obiettivo del giovane oggi è quello di chiamare l’attenzione della FIFA e dei calciatori professionisti, affinché comincino anche loro a piantare alberi ad ogni goal. Nel frattempo ha mobilitato e convito gli atleti locali e i risultati sono incoraggianti: Trees4Goals ha piantato oltre 5.500 alberi autoctoni nelle foreste, nelle scuole e intorno ai campi di allenamento delle squadre di calcio, oltre ad aver ottenuto il supporto del Ministero dell’Ambiente, che gli fornisce alberelli e spazi per piantarli.
Gli sforzi della comunità possono fare la differenza. Negli ultimi anni hanno hanno portato una riforestazione del Paese pari al 9 per cento (nel 2018 era al 6 per cento). Ma il problema è ancora vivo ed è necessario lo sforzo di tutti, ricorda Matunkei. La domanda di legname delle famiglie e l’utilizzo del legno per la costruzione delle infrastrutture porta ancora ad un eccessivo disboscamento. Il Kenya dipende meno dall’energia di biomassa rispetto ai suoi vicini Tanzania e Uganda, ma i numeri sono comunque considerevoli: circa il 70 per cento del fabbisogno energetico del Paese dipende ancora dalla legna da ardere.
L’esempio di Matunkei è stato accolto accolto con favore anche fuori dal Kenya. Il giovane ha ricevuto messaggi da atleti, non solo calciatori, da tutto il mondo, che dopo aver letto la sua storia hanno deciso di contribuire e fare quel passo in più, senza aspettare quello delle istituzioni o dei governi.