Mentre si avvicina l’organizzazione del 16° congresso del Fronte Polisario, previsto per dicembre, Brahim Ghali gioca la carta della “riconciliazione” con i sahrawi nei campi di Tindouf. Lo riferiscono fonti giornalistiche marocchine riferendosi a un comunicato del leader del Fronte Polisario che intende “avviare un processo di riparazione per le vittime degli errori commessi nei loro confronti nelle ultime fasi della nostra lotta di liberazione nazionale”. Il Fronte, ha affermato in un comunicato diffuso ieri sera, propone di “voltare questa pagina dolorosa per impegnare l’intero organismo nazionale e mobilitarlo in questa fase decisiva della nostra marcia vittoriosa”.
La questione delle violazioni dei diritti umani commesse dalle milizie del Polisario contro la popolazione dei campi di Tindouf, è stata finora tabù, sottolinea la testata marocchina online Yabiladi.
Bachir Mustapha Sayed, esponente del Polisario, aveva riconosciuto, nell’ottobre 2019 a Madrid, in registrazioni sonore, che abusi erano stati perpetrati dal Polisario nei confronti dei sahrawi che avevano partecipato alla rivolta, duramente repressa nell’ottobre 1988, di alcune tribù sahrawi, in particolare gli Oulad Dlim, contro l’egemonia dei Rguibate che monopolizzano il potere nei campi. Anche i Tekna e gli Ait Oussa hanno subito la repressione.
Aveva anche rivelato che i sahrawi dei campi di Tindouf erano stati imprigionati e torturati a causa della loro opposizione alla linea politica imposta dalla dirigenza del Polisario. “Tutti abbiamo fatto sacrifici. Anche coloro che sono stati uccisi o torturati nella prigione di Errachid hanno fatto sacrifici. Dio li ricompenserà per i loro sacrifici”.
Nell’ultima sessione del Consiglio per i diritti umani, tenutasi dal 12 settembre al 7 ottobre a Ginevra, due oppositori del Polisario, Fadel Breika e Mahmoud Zeidan, avevano denunciato le proprie detenzioni, per diversi mesi nel 2019, senza processo. Lo stesso messaggio viene veicolato dai sahrawi, provenienti dai campi di Tindouf, durante i lavori della 4a Commissione delle Nazioni Unite, che tuttora prosegue a New York. Lo testimonia l’intervento di M’Rabih Ahmed Mahmoud Adda che vive in Marocco. L’Unhcr ha puntato il dito contro l’Algeria lo scorso giugno per la sua responsabilità negli atti di tortura e maltrattamenti subiti nel 2014 dalle milizie del Polisario sul territorio algerino.